Genoa-Inter e quel gol di troppo

Pagina 161. Enzo Catania e Mario Celi si occupano di Marcelo Saralegui, una delle tante «patacche» rifilate al calcio italiano malato di esterofilia. Entra in scena anche Franco Grigoletti, responsabile delle pagine sportive de «Il Giorno». E per lui è pronta anche una citazione tratta dal libro di Paolo Ziliani «Non si fanno queste cose a cinque minuti dalla fine. La vera storia del giallo Genoa-Inter». Sì, Genoa-Inter è stato un giallo. Grosso, clamoroso. Inesistente? Così decise la giustizia sportiva, che archiviò quel giallo «per insufficienza di prove». E forse anche per questo nella storia del calcio marcio non trova più spazio di quella presenza da bibliografia. Ma di che Genoa-Inter si parla?
A Marassi è il 27 marzo 1983. Si gioca la sestultima di campionato. Il Genoa, tanto per cambiare, ha bisogno di punti per salvarsi. L’Inter, tanto per cambiare, è protagonista di un campionato scialbo, è quarta, lontana dalla Roma che vincerà lo scudetto e deve solo difendere la posizione Uefa. Un punto per uno? Oggi si chiamerebbero «accordi non scritti», di quelli trovati in campo. Ma forse non è neppure così. Il «forse» è solo dovuto all’esito dell’inchiesta della magistratura, sportiva e ordinaria.
Perché in campo il pareggio sta per uscire davvero. Passa in vantaggio l’Inter con Altobelli al 14’ del primo tempo. Dopo il té Briaschi raddrizza subito la partita al 3’ della ripresa. Otto minuti e Bini riporta avanti l’Inter. Si disperano i tifosi, non i giocatori. E infatti Iachini, al 28’, fa 2-2. Passa a me che la passo a te, si arriva a cinque minuti dalla fine e l’arbitro non può neppure ammonire gli sbadigli. Ma Salvatore Bagni «impazzisce», entra in area, salta due difensori e fa 3-2. Esulta, si gira, e trova solo occhiatacce. Dei genoani, certo, ma anche dei suoi compagni. E sarebbe pure contento se finisse così, perché negli spogliatoi entra sano e esce con gli occhi neri. Due a due doveva finire. «I dirigenti dell’Inter devono sapere che merde sono i loro giocatori sul piano umano», tuona Giorgio Vitali, ds del Genoa.
Due giornalisti del Giorno, Paolo Ziliani e Claudio Pea, vogliono andare fino in fondo. Denunciano sul quotidiano che la combine era cosa fatta. E che c’erano anche giocatori dell’Inter che avevano scommesso forte su quel risultato. Sfidano il mondo dell’informazione, persino il grande Gianni Brera, sempre considerato il miglior giornalista sportivo, attacca a testa bassa i due giovani colleghi. A Brera avevano toccato il «Vecchio Balordo», suo grande amore, e la milanese Inter. Sacrilegio. Intanto un giudice genovese, Roberto Fucigna, sempre lui, avvia un’inchiesta.

Ziliani oggi, più di vent’anni dopo, è convinto che siano stati l’allora ministro Alfredo Biondi (che smentisce piccato) e l’avvocato Peppino Prisco, vicepresidente dell’Inter, a costringere il procuratore di Genova a togliere il caso al magistrato di provata fede sampdoriana. Sarà «insufficienza di prove». La prova principe, gli occhi neri di Bagni, non c’era più.

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