E Donadi «restituisce» il nome scippato ai volontari

«Abbiamo incontrato oggi (ieri, ndr) i responsabili dell'associazione Diritti e Libertà, siamo davvero rammaricati del problema che si è creato. Ci eravamo affidati a una società incaricata di verificare se esisteva già quel nome, quel marchio. Evidentemente abbiamo sbagliato società. Ma abbiamo anche dato rassicurazioni a queste persone che proprio oggi (ieri) abbiamo provveduto a cambiare il nome del nostro movimento, visto che ci presenteremo alle elezioni con una lista diversa». A parlare è Massimo Donadi, l'ex capogruppo dipietrista alla Camera che ha dato vita a un nuovo movimento all'interno del centrosinistra, chiamandolo appunto «Diritti e Libertà». E finendo per suscitare lo scontento dei membri di un'associazione di volontariato, nata a Genova ma poi diffusasi anche in altre regioni, che aveva proprio lo stesso nome.
A cambiare il simbolo e lo slogan è così il partito, che proprio ieri ha chiuso un accordo politico con l'ex democristiano Bruno Tabacci per fare «la terza gamba del centrosinistra, assicurando posizioni centriste e liberalprogressiste in una coalizione altrimenti troppo sbilanciata a sinistra». Parole probabilmente ascoltate con qualche prurito dal vicepresidente della Regione Nicolò Scialfa, che ci tiene subito a rimarcare la sua storia «profondamente di sinistra» pur criticando Nichi Vendola che «non può mettere veti su tutti e deve capire che per governare occorre usare il modello Liguria, che va dall'Udc alla sinistra».
Proprio la recente scissione dall'Idv («ma non siamo noi quelli che si sono spostati») rende al momento impossibile azzardare previsioni sulla consistenza del nuovo partito che si presenterà alle elezioni insieme a Tabacci con il simbolo «Centro democratico» e «qualche riferimento ai diritti e alla libertà». Per la verità nessuno si sbilancia neppure sul maggior peso che potranno avere i fedelissimi di Di Pietro o i seguaci di Donadi. Che quando parla del suo strappo, mette la Liguria in testa alla lista delle regioni che hanno «azzerato Italia dei Valori», con la fuoriuscita di tutti gli uomini dal vecchio partito. «Lo potremo sapere il 3 gennaio, quando ci saranno i tesseramenti - precisa Giovanni Paladini, il deputato che era il coordinatore regionale dipietrista -. Ma a me risulta che le sei sedi che aveva il partito in Liguria stiano tutte chiudendo. Credo che alla fine il 90 per cento di iscritti verrà con noi».


Contemporaneamente le stesse certezze vengono ostentate da chi è rimasto nell'Italia dei Valori ed è convinto che abbiano lasciato solo alcuni eletti maggiormente in vista. Ma non occorrerà attendere molto per capire chi ha ragione.

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