Quel «siur Pipen» nato con il cappello

La leggenda racconta che nel 1897 il «maestro» durante una visita alla fabbrica di Battersby a Londra «senza farsi vedere intinse il suo fazzoletto nella vasca della catramatura e così portò in Italia il segreto inglese per la fabbricazione delle perfette bombette».
Borsalino, 156 anni di cappelli e 156 anni di una storia tutta italiana che inizia nel 1834 in un paesino vicino ad Alessandria, Pecetto di Valenza. È qui che nasce Giuseppe Borsalino, «u siur Pipen» come lo chiamavano affettuosamente i suoi compaesani. Lui, di origini umilissime, il padre, Giuseppe Renzo, era dipendente comunale, la madre, Rosa Veglio, casalinga e probabilmente, come tutte le donne d'allora, lavorava nei campi, ha però una vivacità e una curiosità tali che lo spingono a scoprire il mondo. Compiuti i quattordici anni all'insaputa dei suoi genitori, Giuseppe lascia Pecetto per Alessandria, dove inizia ad avvicinarsi al mestiere come apprendista cappellaio. Qualche anno più tardi, si trasferisce a Sestri Ponente per imbarcarsi alla volta di Marsiglia ed approdare finalmente nella capitale della moda, Parigi.
Borsalino vi lavora per sette anni al cappellificio Berteil in Rue du Temple, ottenendo la qualifica di Maestro Cappellaio e al suo rientro in Italia è così pieno di entusiamo e arricchito dall'esperienza francese che dedice di aprire il suo primo laboratorio in un cortile di via Schiavina ad Alessandria insieme al fratello Lazzaro. Gli basta poco e con il frutto dei primi risparmi, impianta la sua prima «follatura» (operazione che serviva per il fissaggio dei tessuti di lana che consiste nel compattare il tessuto attraverso l'infeltrimento) rileva un'altra fabbrica di cappelli e apre un negozietto per la vendita dei suoi copricapi.
Gli anni passano, e gli affari vanno bene a tal punto che nel 1874 Borsalino avvia una fabbrica a Genova per realizzare cilindri e un'altra a Verona. A quell'epoca la produzione di cappelli si aggira attoro ai trecento capi al giorno con una squadra di centotrenta dipendenti. Borsalino capisce però che arrivati a quel punto, per fare il salto, è necessaria una svolta: decide così di importare le macchine che nei sobborghi inglesi avevano rivoluzionato il mestiere di cappellai e si prepara alla sua «rivoluzione industriale». Già nei primi anni del '900 la scelta di avventurarsi nell'esportazione, gli fa destinare il 60 per cento della produzione all'estero. E i cappelli Borsalino conquistano il mondo: New York, Parigi e Londra. L'azienda cresce così come cresce la produzione di cappelli anche sotto la guida di Teresio Borsalino, figlio di Giuseppe morto nel 1900, che avvia una collaborazione assai preziosa con Marcello Dudovich nel campo delle illustrazioni pubblicitarie. Filantropo, Teresio dimostra un grande interesse per la propria città e dona ad Alessandria l'impianto di acquedotto, un orfanotrofio, una casa di riposo per anziani e il sanatorio per la prevenzione e la cura della tubercolosi. Le due guerre e la crisi del '39 non fermano l'attività dell'industria. E nel 1947 il successo dell'export viene sancito grazie ad accordi siglati con i più importanti paesi del mondo come gli Stati Uniti, il Venezuela, la Colombia, la Svizzera, la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Germania, al Danimarca, la Svezia, la Norvegia e la Turchia. I numeri sono ormai diventati a sei cifre e ogni anno vengono prodotti 800.000 cappelli.
Nel 1970 Borsalino conquista anche il cinema e il cappello Borsalino diventa un compagno inseparabile per le star del cinema come Humphrey Bogart, Gary Cooper, Antony Quinn, Alain Delon, Robert De Niro, Al Pacino, Robert Redford. Ma anche per personaggi del mondo della cultura come Ernst Hemingway e Gabriele D'Annunzio Nel 1979 l'ultimo erede della famiglia lascia l'azienda cedendo la carica di presidente a Vittorio Vaccarino. Nei primi anni '90 la Borsalino viene comprata da un gruppo di imprenditori di Asti, il cui ingresso segna l'inizio di un nuovo slancio per l'azienda, soprattutto nel campo dell'export. Tanto che nascono la Borsalino America Inc. e la Borsalino Japan.
Ma il nome dell'azienda è probabilmente legato al cappello di feltro più famoso di tutti, il classico copricapo maschile con le fossette ai lati. Fu Giuseppe nel 1857 ad inventare questo modello. La nascita pare che risieda nelle rivolte di strada che avvenivano durante i moti risorgimentali: nel mezzo delle sommosse, coloro che indossavano una bombetta, uscivano dai tumulti con il capello incavato e il tipico rigonfiamento nella corona completamente appiattito dai colpi subìti in testa. Giuseppe Borsalino fece di questa conca casuale, chiamata poi la «vaga», il segno distintivo del suo cappello. Che si prestava perfettamente anche all'eleganze e al bon ton di allora che prevedevano che di fronte a una signora ci si togliesse il cappello come segno di rispetto nel salutarla.

E per far sì che questo movimento fosse rapido e disinvolto, Borsalino decise di modellare ulteriormente la rientranza centrale pizzicottando con le dita entrambi i lati frontali del cappello, creando così due fossette, chiamate «bozze», che divennero poi il punto di presa del cappello per sollevarlo e rimetterlo. Chapeau.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica