Con la Tav da Milano alla spiaggia in un'ora

(...) Che anni di convegni e di spiegazioni da parte di Gigi Grillo, ex presidente della commissione Trasporti del Senato, responsabile delle Grandi Opere per il Pdl e soprattutto tecnico del settore, mi hanno fatto imparare quasi a memoria, in una specie di filastrocca del Terzo Valico. Quindi, provo a riassumervelo con parole che suonano pressappoco così, da profani, non da supertecnici. Si chiama Terzo Valico il traforo dei Giovi che permetterà a Genova a connettersi alle reti europee Ten e al corridoio ferroviario che porta a Rotterdam, collegando con alta velocità ed alta capacità la nostra città al Nord Europa.
E partiamo proprio dall'aspetto forse meno semplice, cioè l'«alta capacità». Si tratta non di un progetto riservato specificamente al traffico passeggeri, ma soprattutto alle merci, in particolare a quelle in uscita dal Porto di Genova. Cosa succede in pratica? Che, teoricamente, Genova e le sue banchine sono la porta d'Europa, in grado di ricevere i traffici dal Far East, Cina e India su tutti, cinque giorni prima di quanto possa fare Rotterdam, il maggior porto del Nord Europa, alternativo a quello di Genova per le navi in arrivo da quei Paesi. Il problema è che, però, quei cinque giorni (che diventano dieci contando il viaggio di ritorno) risparmiati nel tragitto, rischiano di perdersi sulle banchine del nostro Porto. Perchè le vie d'uscita sono intasate, perchè la procedura è burocratica, ma soprattutto perchè il viaggio per portare le merci verso Nord - complice la cronica carenza infrastrutturale sia ferroviaria, sia autostradale - rischia di durare più dei cinque giorni risparmiati.
Quindi, trasformando tutto questo in una specie di equazione matematica o di sillogismo aristotelico: il Terzo Valico è vita per il Porto e senza alta capacità le banchine rischiano di morire; il Porto è vita per Genova e senza shipping la città rischia di morire. Ergo: senza Terzo Valico, Genova rischia di morire.
Fin qui, l'alta capacità. Ma c'è anche il capitolo velocità: cioè la possibilità di collegare Genova e Milano in un'ora o poco più, quasi lo stesso tempo che oggi ci vuole per andare da Voltri a Nervi con alcuni regionali. Questa possibilità offrirebbe nuova vita per Genova: da un lato perchè universitari, lavoratori e pendolari vari non sarebbero più costretti a emigrare a Milano e in Lombardia per poter vivere, ma molto più semplicemente potrebbero fare avanti e indietro senza continuare a contribuire allo spopolamento della nostra città. Il calo demografico dagli 850mila abitanti, con tendenza al milione, del periodo d'oro delle partecipazioni statali ai meno di 600mila attuali, comprendendo i nuovi robusti innesti di extracomunitari, non è il male di Genova. Ma è certamente un termometro della febbre altissima.
Specularmente, poi, Genova potrebbe diventare una (bellissima) periferia di Milano, nel senso più bello che la parola sa avere. Se infatti, un milanese ci mettesse lo stesso tempo ad andare a Garbagnate, con tutto il rispetto per Garbagnate, rispetto a quello che ci mette per andare a Genova, a due passi dal mare, chi glielo farebbe fare di optare per la prima e non per la seconda?
Certo, sarebbero ammesse eccezioni per due categorie di milanesi: gli innamorati (legittimamente) di Garbagnate e delle garbagnatesi, alcune delle quali sono bellissime, e quelli che vedono Genova deperire ogni giorno per la gestione del Comune da parte di Marco Doria e che, quindi, potrebbero sperare nel sindaco lombardo. Ma, insomma, sono particolari. Il concetto è chiaro.
Così come è chiaro, chiarissimo, che se passa questo concetto, il valore di Genova aumenta immensamente. A partire dal valore immobiliare delle case in città che, chiaramente, se diventano case del «grande hinterland» di Milano aumentano esponenzialmente il loro valore. Esattamente allo stesso modo in cui quando, in un quartiere, si apre una stazione della metropolitana che migliora la sua raggiungibilità, cresce il valore degli immobili della zona.
Ultimo punto, la Bellezza. Genova e la Liguria possono vendere il loro prodotto migliore, che è proprio la bellezza, il clima, la natura, la storia. Qualcosa, ovviamente, di cui non hanno alcun merito. Ma qualcosa che è possibile vendersi sul mercato.

Se poi tutto questo è a un'ora di distanza dalla capitale economica e a poco più dalla Svizzera, il valore cresce ulteriormente.
Tutto chiaro? Spero di non dover mai più scrivere questo articolo, troppo simile a tanti altri. Significherebbe che il Terzo Valico (e tutta la storia che vi ho raccontato) è realtà.

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