(...) Con quale livello di efficienza le società partecipate spendono? Se il Comune riuscisse a migliorare la propria efficienza di imprenditore del 5 per cento, potrebbe abbassare di un punto l'Imu. Il Comune, insomma - è questa la proposta provocatoria di Garaventa - dovrebbe rinunciare all'ingiustificato e inefficiente sistema delle assegnazioni in house e affidare al mercato le attività operative». L'idea è emersa ed è stata sviluppata nell'ambito della tavola rotonda che ha caratterizzato il convegno dopo la relazione introduttiva del presidente. Sul tappeto, una fitta carrellata di temi con molti protagonisti: oltre lo stesso Garaventa, il sindaco Marco Doria, il deputato del Pdl Sandro Biasotti, il segretario Fillea-Cgil Silvano Chiantia, il segretario del Pd di Genova Giovanni Lunardon, il sociologo Mauro Palombo e il direttore dell'«Istituto Leoni» Carlo Stagnaro, moderati e incalzati dal vicedirettore del Secolo XIX, Pier Luigi Leone.
La tavola rotonda è stata preceduta da una serie di interventi fra cui quello del presidente degli artigiani genovesi di Confartigianato, Cino Negri, secondo cui, molto concretamente, «sicurezza significa, soprattutto oggi, un governo stabile e non litigioso, poter lavorare e pagare dipendenti e fornitori, dar da mangiare alla propria famiglia, contare su banche che facciano il loro mestiere». Aggiunge Franco Monteverde, direttore del Centro internazionale di cultura per lo sviluppo dei Popoli La Maona: «Garaventa ha aperto il convegno citando Platone, un segno di attenzione al fatto che la cultura è fondamentale anche per la crescita economica e sociale della comunità, ma anche che certi problemi da affrontare oggi ci sono sempre stati», e questo può dare una forte spinta a superarli. Interviene anche Lilli Lauro, capogruppo del Pdl in Consiglio comunale: «Hanno ragione i costruttori che si trovano a scommettere, a continuare a fare gli imprenditori in uno scenario drammatico. Ma è il Comune che non va, è inesistente. C'è un vuoto assoluto di attività politica e amministrativa». Impostazione condivisa da Biasotti: «Non c'è un disegno politico preciso della città». E rivolto a Doria che gli siede accanto: «Vogliamo decidere una buona volta su temi essenziali quali lo smaltimento dei rifiuti, la gronda, le infrastrutture, l'ospedale di vallata, gli Erzelli, e il Puc-Piano urbanistico comunale, di cui discutiamo inutilmente da anni?».
Torna il tema dell'Aster: 220 addetti che rappresentano un fardello economico passivo per l'amministrazione e non garantiscono l'operatività necessaria. E allora perché - è la proposta - non liquidare l'azienda e «spalmare» le risorse umane facendole assumere nelle aziende private, magari cinque lavoratori per ogni azienda? I costruttori sarebbero tendenzialmente d'accordo, anche perché il provvedimento vorrebbe dire acquisire le commesse su cui attualmente Aster, in un mercato che non «tira», fa concorrenza spietata con appalti al massimo ribasso. Doria e Lunardon glissano alquanto sull'argomento, mentre il sindacalista Chiantia, razionalmente, avanza il dubbio che «poi, in fin dei conti, non è detto che le aziende private assorbano tutti e 220 i lavoratori usciti dal pubblico».
Il sindaco, da un anno o poco più al timone della città, si difende contrattaccando, anche perché nessuno può accusarlo di essere l'unico responsabile dello sfacelo. Doria ricorda che il Comune ha pagato i fornitori e le imprese (che non è poco, di questi tempi), poi elenca le opere in cantiere, nel campo prioritario del trasporto su rotaia, il Terzo valico, il nodo ferroviario di Genova e il potenziamento della ferrovia del ponente ligure; nel campo dei collegamenti stradali, la nuova arteria a sei corsie tra San Benigno e Cornigliano; nel futuro, ci sono anche il prolungamento della metropolitana e il progetto di tunnel sub-portuale. L'ultima parola è ancora di Biasotti.
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