Balneari prorogati al 2027. Ma sugli indennizzi è caos

Previsti risarcimenti sugli investimenti solo degli ultimi 5 anni. L'opposizione: pagliacciata. Però la commissione Ue approva

Balneari prorogati al 2027. Ma sugli indennizzi è caos
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Stessa (ultima) spiaggia, stesso mare. Fino al 2027. Sui balneari si confermano le indiscrezioni avanzate dal Giornale nei giorni scorsi. Per accontentare l'Europa e chiudere 16 casi di infrazioni Ue per il mancato della famigerata direttiva Bolkenstein sulla concorrenza e congelarne altre 11 - nel pieno delle trattative sulle deleghe al commissario italiano Raffaele Fitto - l'esecutivo ha deciso l'ultima proroga delle concessioni demaniali dal 31 dicembre 2024 al 30 settembre 2027, «con possibilità di un'ulteriore proroga al 31 marzo 2028» ma solo se «in presenza di ragioni oggettive» come «la pendenza di un contenzioso» o potenziali «difficoltà oggettive legate all'espletamento della procedura». Il testo ha avuto l'ok ieri, dopo un mini vertice tra la premier Giorgia Meloni e i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini che ha fatto iniziare in ritardo il Consiglio dei ministri previsto alle 17 e 30.

L'obiettivo del provvedimento è provare a incassare più degli attuali 2,50 euro al metro quadro in media e riequilibrare gli incassi miliardari dei gestori con quello dello Stato, che dalle concessioni - finora prorogate senza gara, in nome del «diritto di insistenza» (poi abrogato) e del rinnovo automatico ogni sei anni, introdotto nel 1992 - prende due noccioline, circa 140 milioni. Solo dal giugno del 2027, e prima di iniziare a mettere a gara al miglior offerente le 7.244 concessioni sulle nostre spiagge (in gran parte in scadenza tra il 2029 e il 2032) con procedure pubbliche, trasparenti e imparziali, bisognerà risarcire i concessionari uscenti con un indennizzo che però, stando all'ultima bozza del provvedimento, è pressoché impossibile. Si tratta per il 94% di stabilimenti a conduzione familiare sotto i 10mila metri quadri di grandezza. La durata delle nuove concessioni va da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni, «al fine di garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati, l'assunzione di lavoratori impiegati nella precedente concessione, che ricevevano da tale attività la prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo», dice Palazzo Chigi.

Secondo il testo, il subentrante vincitore della gara riconoscerà un indennizzo «pari al valore degli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni, ivi compresi quelli legati a eventi calamitosi o obblighi di legge, e non ancora ammortizzati». Investimenti che, vista l'indeterminatezza che ha segnato questa vicenda proprio negli ultimi cinque anni, quasi nessuno ha fatto. Sicché nessun indennizzo si avrà e nessun rimborso per il valore dell'azienda. In ogni caso, a definire i criteri sarà un decreto del ministero dei Trasporti, da emanare di concerto con il ministero dell'Economia entro il 31 marzo 2025. Peraltro, se è vero che l'indennizzo in caso di acquisizione da parte del demanio di opere inamovibili è previsto dalla giurisprudenza della Corte Ue, è altrettanto plausibile che quelle costruite sul demanio pubblico siano acquisite, senza indennizzo e gratuitamente, dallo Stato. «La Commissione accoglie con favore la decisione odierna dell'Italia sul caso delle concessioni balneari», ha commentato un portavoce Ue, «fà seguito a scambi costruttivi attraverso i quali la Commissione e le autorità italiane hanno raggiunto un'intesa comune» con una soluzione «aperta e non discriminatoria che copra tutte le concessioni da attuare entro i prossimi tre anni».

Di «provvedimento surreale e pagliacciata finale» parlano i Cinque stelle, che pure durante i governi con Lega e Pd non hanno risolto la grana balneari. Il rischio è paralizzare gli investimenti da qui al 2027 (chi spenderebbe soldi senza la certezza di riaverli?), mettere a rischio un comparto che genera 2 miliardi di Pil e dà lavoro a 150mila persone che potrebbe finire in pasto a manone straniere, come teme Assobalneari Confindustria.

Il tema degli indennizzi a chi perde la concessione si intreccia con un comma del testo, il 9: «Il mancato tempestivo pagamento di cui al quarto periodo è motivo di decadenza dalla concessione e non determina la prosecuzione, in qualsiasi forma o modalità comunque denominata, del precedente rapporto concessorio». Insomma, perde la concessione chi subentra e non mantiene le eventuali promesse di indennizzo al vecchio gestore, che però resterebbe cornuto e mazziato, senza risarcimento e senza stabilimento, è il lamento arrivato al Giornale da più imprenditori.

«Dopo anni di sabbie mobili si corre ai ripari per tacitare l'Europa, ma Bruxelles chiede davvero di disconoscere i diritti acquisiti degli operatori?», si domanda retoricamente Maurizio Innocenti, presidente di Anva Confesercenti.

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