C'erano una volta il disagio giovanile, il cyberbullismo, l'eccesso di virtualizzazione dei rapporti interpersonali. Poi è arrivata la pandemia e ha complicato (e aggravato) tutto. A pagare il prezzo maggiore i giovani. Così non sorprende più di tanto che secondo una ricerca della Noto Sondaggi dell'inverno scorso sia la fascia di età tra i 18 e i 34 anni a denunciare i maggiori problemi di solitudine.
La domanda posta a un campione di italiani era molto semplice: vi capita di sentirvi soli? Il 32% di persone tra i 18 e i 24 anni ha risposto che prova spesso questa sensazione. È il livello più alto tra tutti i segmenti di età interpellati. Il livello più alto di soddisfazione sul livello dei propri rapporti personali si registra invece tra coloro che hanno più di 55 anni: solo il 21% tra di loro si sente spesso solo. In tutto a soffrire la solitudine è più di metà degli italiani (18% «spesso» e 37% «a volte»), le donne sentono più degli uomini il problema, che viene avvertito più al Sud che al Nord. Da rilevare che appena il 26% di chi si sente in solitudine (il dato si riferisce a tutta la popolazione maggiorenne) considera i social un buon veicolo per mantenere le relazioni esistenti.
La solitudine è anche la protagonista della ricerca condotta nei primi mesi dell'emergenza Covid da Doxa-Telefono azzurro, i cui principali risultati sono riportati nel grafico a fianco. Sia le paure degli adolescenti che quelle dei loro genitori vertono in larga misura, e con sfumature diverse, intorno a questo tema.
Per il 31% dei ragazzi la conseguenza peggiore della pandemia è quella di non vedere gli amici, l'isolamento (un altro 20%), o una vita ridotta alla sola dimensione virtuale (28%). Allo stesso modo la pensano i papà e le mamme. Tra le paure maggiori: la mancanza di socializzazione dei figli (35%) e il troppo tempo online (26%).
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