Le grandi banche americane truccano i bilanci

La grandi banche americane continuano a truccare i conti. E non di poco: abbelliscono i propri bilanci nascondendo il 42% dei propri debiti qualche ora prima della presentazione dei risultati trimestrali. Una truffa? In qualunque Paese occidentale sì. Accadesse in Italia, in Germania o in Svizzera, tutti griderebbero alla scandalo. Ma in America no.
Dopo il crash della Lehman, le autorità americane promisero l’inizio di una nuova era per arginare gli eccessi e impedire gli abusi che nell’ottobre 2008 portarono il mondo sull’orlo della catastrofe finanziaria. In realtà nulla è cambiato. Nulla. Non solo le grandi riforme sono rimaste nel cassetto, ma né l’amministrazione Obama, né il Congresso, né le autorità di controllo di Borsa in questi 18 mesi hanno trovato il tempo per modificare alcune semplicissime norme, che avrebbero consentito, da subito, più trasparenza e correttezza. Così il Repo 105, come viene chiamato l’accorgimento che consente agli istituti americani di falsare i bilanci, è rimasto in vigore.
La notizia, incredibile, è stata rivelata dal Wall Street Journal, che ha citato fonti della Federal Reserve. E non è stata smentita. Negli ultimi cinque trimestri, i principali istituti statunitensi e in particolare Goldman Sachs, Morgan Stanely, JP Morgan Chase, Bank of America, Citigroup (ovvero i soliti noti) hanno abbassato artificialmente il proprio livello di indebitamento.
Il meccanismo funzionava così: ogni tre mesi, nell’imminenza della presentazione dei conti i debiti, venivano mascherati, utilizzando accorgimenti contabili per sopravvalutare le sofferenze o, addirittura, piazzando quelle più ingenti fuori bilancio. In questo modo la dirigenza della banca riusciva a presentare agli analisti conti molto migliori del previsto. Passata la prova, il bilancio veniva rimesso in ordine, salvo ripetere lo stesso giochino tre mesi dopo. Con il consenso della Federal Reserve, che chiude gli occhi da nove anni.
Già, perché la pratica è tollerata dal 2001, sebbene sia diventata diffusa e sistematica solo dalla fine del 2008. Si spiega così la performance degli istituti di credito, che pur non avendo ricapitalizzato e a dispetto, di nuove colossali sofferenze (vedi la voragine dei mutui sugli immobili commerciali), sono tornate ad essere miracolosamente in salute, trainando al rialzo il Dow Jones, che venerdì ha superato quota 11mila.
Proprio questa settimana le banche presenteranno i conti e non è difficile prevedere, come già annunciano gli analisti, nuove piacevoli sorprese. Per gli azionisti e, ovviamente, per i manager delle banche che dopo aver incassato nel 2009 bonus per 149 miliardi di dollari, già assaporano un’altra annata da ricordare. D’altronde chi non sarebbe capace di macinare utili se avesse l’opportunità di accantonare al momento giusto quasi la metà del proprio debito?
Nel fine settimana alcune banche hanno reagito all’articolo del Wall Street Journal. Goldman Sachs ha precisato che la riduzione del debito è stata di appena il 24%; Jp Morgan non ha indicato cifre ma ha spiegato che il 42% citato dal Wall Street Journal era a suo giudizio esagerato; Bank of America ha assicurato che i suoi sforzi per equilibrare il debito erano «appropriati» e ha spiegato che l’investitore può consultare liberamente anche i dati sull’indebitamento medio. Tutte hanno dichiarato di essere perfettamente in regola. E il dramma è che lo sono davvero.
La Sec, ovvero l’ente di controllo di Borsa, lascia correre, come, peraltro, faceva con Madoff e Bear Stearns e Lehman Brothers. Quando quest’ultima saltò per aria, fu accusata di aver ingannato gli investitori per aver rimosso dal bilancio, temporaneamente, passivi per ben 50 miliardi di dollari. Tutti deplorarono l’utilizzo del Repo 105.


È passato un anno e mezzo e il Repo 105 è più in voga che mai. Lo usano ben 18 istituti. I più grandi, più prestigiosi, quelli che fanno tendenza. Tra gli urrah di Wall Street. Una situazione a dir poco sconcertante.
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