LA GUERRA AL BUONSENSO

Ormai è tutto chiaro. Romano Prodi non riuscirà a riformare le pensioni seguendo i principi del buonsenso e dell’aritmetica. Lo dovrà fare seguendo i principi (chiamiamoli così) di Cgil, Bertinotti e compagni. Con un problema: il senatore Lamberto Dini ha dichiarato che se la riforma sarà fatta (alla Prodi), lui non la voterà, e con lui una decina di senatori. Fausto Bertinotti ha detto esplicitamente che il governo non deve cadere, ma il rischio c’è.
Non capiamo, anche se ci sforziamo di farlo, cosa ci sia di nuovo in tutto questo. Era già chiaro l’anno scorso quando Prodi non era ancora presidente del Consiglio. Allora tutta l’attenzione dei giornali era sul fatto che bisognava mandare a casa Berlusconi e che, comunque, sarebbe andata bene qualsiasi cosa. Tutti fecero finta, a partire dai più grandi quotidiani, che il programma di Prodi avesse una qualche importanza. Anzi, si tendeva quasi a far pensare ai poveri lettori che tutto quel lavorio in quella fabbrica a Bologna fosse importante. Il programma prima di tutto. Un governo fatto sul programma. L’albero del programma. E tante altre fandonie.
Sembrò per lungo tempo che tutti si fossero dimenticati che il programma senza la coalizione è come la benzina senza la macchina. Tra l’altro qui si tratta di una benzinetta, una miscela. Ma nessuno stette a guardare per il sottile. L’importante era mandare a casa Berlusconi e chissenefrega delle pensioni, delle infrastrutture, delle tasse, del mercato del lavoro.
Invece, e lo abbiamo ribadito tante volte, il governo Berlusconi fece la riforma delle pensioni e fece la riforma del mercato del lavoro. Naturalmente tutti dicevano che era poco. Qualcuno lo dice ancora, ma sostiene l’evidenza, e cioè che almeno quel poco fu fatto.
Diciamolo chiaro. Il problema in questo Paese è che non c’è un centrosinistra che abbia la possibilità di governare partendo dal riconoscimento di quello che altrove è considerato come elementare: l’Italia si sta bloccando, cosa inaudita, per non portare in un anno l’età pensionabile da 57 a 60 anni. È tutto qui.
Lo diciamo anche perché ci aspettiamo che qualcuno verrà già fuori oggi dicendo che questo è il fallimento del bipolarismo. Ma qui non vogliamo discutere sul bipolarismo. Diciamo che la mancata riforma delle pensioni è un fallimento di Prodi e del centrosinistra.
Di Prodi perché ha proposto un programma sapendo benissimo che non lo poteva portare a compimento. E se non lo sapeva la cosa peggiora.


Del centrosinistra perché ha dimostrato che se non c’è una crisi tremenda e un tecnico come Ciampi a metterci la faccia non riesce a fare neanche l’essenziale, ciò che in tutti i Paesi europei è ritenuto ormai tale.

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