Inganni, minacce e deportazione: così la Russia costringe i migranti a combattere

Secondo diversi funzionari europei, le autorità russe hanno costretto migliaia di studenti e lavoratori ad arruolarsi nelle forze armate, minacciandoli di non rinnovare il loro permesso di soggiorno

Inganni, minacce e deportazione: così la Russia costringe i migranti a combattere
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Vladimir Putin non ha ancora ordinato una nuova mobilitazione, ma l’esercito russo ha trovato un altro modo per reperire soldati da mandare in prima linea. Stando a quanto riportato da Bloomberg, che ha citato fonti informate europee, il Cremlino ha costretto migliaia di lavoratori e studenti africani ad arruolarsi nelle forze armate della Federazione, minacciandoli di non estendere i loro permessi di soggiorno in caso di rifiuto.

Secondo uno dei funzionari citati dall’agenzia statunitense, in alcuni casi le autorità russe hanno arrestato persone provviste di visti di lavoro e hanno imposto loro di decidere tra l’essere spediti al fronte o deportati. Alcuni sarebbero riusciti a corrompere gli ufficiali di Mosca e a rimanere nel Paese evitando il servizio militare. Un alto funzionario dell’Unione europea ha spiegato che la pratica di mandare a combattere studenti e migranti risale già all’inizio del conflitto. Le unità in cui sono inquadrati hanno registrato un tasso di perdite particolarmente elevato, perché vengono impiegate in manovre offensive molto rischiose al posto dei soldati più addestrati.

Stando a un rapporto dell’intelligence di Kiev, la Russia ha dato il via a una campagna di reclutamento globale per arruolare mercenari stranieri in almeno 21 Paesi, tra cui molti nel continente africano. L’esercito russo ha offerto ingenti bonus e stipendi, oppure ha attirato nella Federazione lavoratori e studenti promettendo impieghi redditizi per poi costringerli ad addestrarsi e a schierarsi al fronte. Molti di questi contractor vengono dalla Siria, nazione alleata della Russia dove sono state inviate le forze speciali di Kiev a supporto degli oppositori del regime di Bashar al-Assad. Nel gennaio scorso, inoltre, il governo di Katmandu ha dichiarato che circa 400 nepalesi si erano arruolati nell’armata di Putin. Una decisione, questa, forse motivata dal fatto che l’India ha interrotto la tradizionale pratica di reclutare i Gurkha nel proprio esercito, costringendo di conseguenza gli abitanti del Paese a cercare impiego altrove.

Le autorità di Kiev hanno inoltre affermato di aver notato un aumento del numero di stranieri tra i prigionieri di guerra catturati sul campo di battaglia, in particolare nepalesi e africani. Questo dato si può spiegare sia con le ingenti perdite subite dalle truppe russe durante l’offensiva di maggio nella regione di Kharkiv, pari a 1.200 uomini al giorno secondo il ministero della Difesa britannico, sia con la reticenza di Vladimir Putin nell’ordinare una mobilitazione.

La misura, infatti, sarebbe molto impopolare in Russia e rischierebbe di minare il supporto per il conflitto, oltre a smentire i numeri diffusi proprio dallo zar. In una conferenza a San Pietroburgo, il leader di Mosca ha dichiarato che il suo esercito ha perso “solo” 10mila uomini al mese, mentre gli ucraini ben 50mila.

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