Putin metterà fine alla guerra in Ucraina solo se potrà dire di averla vinta. Di questo avviso è la ricostruzione che ne fa il noto giornalista russo Alexei Venediktov, fondatore dell'Eco di Mosca. Un osservatore privilegiato, fuori e dentro il sistema con abilità funamboliche e libertà non concesse ad altri, ma soprattutto in grado di leggere nella mente del presidente russo Vladimir Putin, in particolar modo la sua visione della guerra e di come condurla. Ma anche l'ossessione legata alle brame storiche legate alla nascita della Grande Russia.
Personaggi di questo calibro hanno la possibilità di leggere il futuro. In un'intervista al Corriere della Sera, Venediktov dice la sua su come potrebbe ragionare Putin a proposito della fine del conflitto. Si tratta di un "freddo calcolatore", dice, che non terrà conto di chi è arrivato alla Casa Bianca: vale a dire che procederà dritto per la sua strada, indipendentemente da ciò che accadrà a Pennsylvania Avenue. Per questo il giornalista è pronto a scommettere che, al di là di Donald Trump, Putin come minimo si terrà Donbass e Crimea, mettendo fine all'avventura "estiva" dell'Ucraina nel Kursk.
Il leader russo, infatti, si sarebbe ormai esposto troppo e sa che, soprattutto per tenere le redini della politica interna, non può cedere di un millimetro. Dopo migliaia di morti, la mobilitazione, l'economia russa disastrata e riconvertita quasi totalmente a economia di guerra, ammettere di aver sbagliato facendo un passo indietro, accondiscendere alla parità equivale a un suicidio politico. Con gravissime conseguenze per la stabilità interna. Secondo il noto giornalista, Putin perseguirebbe un senso tutto personale della giustizia che va dalla difesa dei russofoni nel mondo alla lotta contro la Nato. Ma allo stesso tempo e pronto a non prendere sul serio le velleità nucleari che lui stesso annuncia un giorno sì e l'altro pure. Provocazioni, esercizio di deterrenza e nulla più.
Riflessioni che sollevano e inquietano allo stesso tempo, soprattutto alla luce della telefonata intercorsa tra il presidente neoeletto Trump e Putin, in occasione della quale il tycoon avrebbe espresso interesse a discutere di "una rapida risoluzione della guerra in Ucraina" nelle successive conversazioni tra i due. Un colloquio che conosciamo grazie alle indiscrezioni del Washington Post poiché non c'è stata alcuna immediata conferma ufficiale da parte di Washington o di Mosca: il governo ucraino sarebbe stato informato della chiamata senza opporvisi.
Che questo sia un passo avanti o meno, difficile saperlo: certo è che si tratta comunque un passo che rende più futuribili eventuali futuri negoziati. Almeno sulla carta: se una cosa questo conflitto ha insegnato, è che tutto può davvero accadere.
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