Hamas, l’organizzazione terroristica palestinese che lo scorso 7 ottobre ha dichiarato guerra a Israele, ha come obiettivo fondamentale nel suo statuto la creazione di uno Stato islamico nei territori dello Stato ebraico e della Palestina. Per conseguire questo risultato, il Movimento Islamico per la resistenza (questo l’acronimo di Hamas) fondato nel 1987 da Sheikh Ahmed Yassin e che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza ha bisogno di ingenti risorse economiche e militari che solo un’entità statale può possedere e di conseguenza garantire.
Così l'Iran finanzia Hamas
Il principale finanziatore delle attività di Hamas è l’Iran. Il sostegno della Repubblica islamica ai combattenti palestinesi va avanti da decenni, malgrado qualche battuta d’arresto dovuta a eventi contingenti poi rientrati. I pasdaran foraggiano il terrorismo palestinese perché i miliziani, agendo come un attore non riconducibile a uno Stato, combattono per la distruzione d’Israele. Il regime degli ayatollah corrisponde al gruppo capeggiato da Ismail Haniyeh circa 100 milioni di dollari ogni anno, cifra che secondo il dipartimento di Stato statunitense viene ripartita tra le varie organizzazioni estremiste che operano in Palestina.
Hamas ha rivendicato l’aiuto diretto di Teheran nell’operazione in corso contro Tel Aviv e gli Stati Uniti sono finiti nell’occhio del ciclone per aver sbloccato sei miliardi in cambio della liberazione di cinque prigionieri americani. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha respinto l’accusa che i fondi ricevuti dall’Iran siano stati usati per pianificare l’attacco di Hamas. Le Guardie della Rivoluzione islamica non sono però gli unici alleati dei nemici d’Israele.
Gli altri alleati ufficiali o presunti
C’è anche il Qatar dell’emiro al-Thani, che supporta attivamente la causa palestinese con quasi 2 miliardi erogati dal 2014 a oggi in aiuti generici alla popolazione di Gaza, ma che in realtà servono a pagare gli stipendi dei membri di Hamas. Doha è dove Haniyeh e la leadership politica dell'organizzazione hanno la loro sede da quando l'Egitto ha vietato loro l'ingresso nella Striscia. Un’altra nazione sospettata di aver immesso capitali nelle casse dei terroristi è la Turchia. Nel 2019 la banca turca Küveyt Türk è finita in tribunale con l’accusa di aver agevolato il trasferimento di denaro in Palestina violando così le sanzioni contro Hamas, che è registrata nell’elenco delle organizzazioni terroristiche di Stati Uniti e Unione Europea, ma non in Turchia, Paese che ha sempre negato di assistere economicamente i guerriglieri palestinesi.
La questione delle sanzioni rappresenta un ostacolo importante per Hamas, che a causa della stretta dell’Occidente ha perso il suo più importante partner, l’Arabia Saudita. Nei primi anni Duemila Riad supportava gli sforzi degli estremisti palestinesi contro Tel Aviv come nessun altro, salvo poi azzerare gli invii per conformarsi al regime di sanzioni. Non è confermato il ruolo della Russia, che si muove in un contesto di evidente ambiguità: mantiene infatti buoni rapporti con il governo israeliano, ma ospita a Mosca i leader del terrorismo palestinese. Ma al di là dei suoi benefattori, Hamas riesce a sopportare la morsa israeliana sui pacchetti di aiuto Onu grazie alle donazioni private e individuali di connazionali e simpatizzanti.
Come arrivano le armi ad Hamas
L’organizzazione raccoglie anche le entrate dal transito di beni egiziani che arrivano a Gaza, sensibilmente ridotto dall’avvicendamento di al-Sisi al Cairo. Nonostante il gelo con l’Egitto, Hamas guadagna tra i 150 e i 180 milioni di dollari all’anno grazie ai dazi sulla merce egiziana che entra nella striscia di Gaza, secondo fonti locali citate dal quotidiano Al-Monitor.
Discorso a parte, invece, per le armi. Non esistono dati ufficiali sulle dimensioni dell’arsenale palestinese, ma è stato stimato che il numero di razzi, lanciarazzi e missili anticarro in dotazione ad Hamas si aggiri intorno all’ordine delle decine di migliaia. Oltre ai residui sovietici come i Bm-21 Grad, l’Iran è il fornitore numero uno, con i razzi della famiglia Fajr in grado di colpire bersagli fino a 75 km di distanza.
Risulta inoltre che le brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, utilizzino razzi siriani modello M-302, Rpg-7 e missili anticarro Bulsae-2 Atgm nordcoreani, probabilmente giunti sulla Striscia con operazioni di contrabbando. La maggior parte dei razzi di Hamas però sono autoprodotti, una scommessa su cui l’Iran ha deciso di investire dopo la chiusura della rotta che partiva dal Sudan.
Da queste informazioni si evince subito che l'organizzazione protagonista dell'ultimo conflitto scoppiato in Medio Oriente si appoggia sì a una rete di "angeli custodi" emarginati, esclusi e ripudiati dalla
comunità internazionale, ma sapendo sfruttare la situazione di caos a Gaza è stata capace di diventare autosufficiente. Perlomeno abbastanza da scatenare una guerra a uno degli Stati più militarizzati del mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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