Saranno rilasciati già domenica i primi ostaggi di questa nuova attesissima tregua, che dovrebbe portare alla liberazione di 98 rapiti israeliani ancora a Gaza e arriva dopo la prima sospensione dei combattimenti del novembre 2023, quando tornarono a casa 105 dei 251 ostaggi israeliani brutalmente rapiti da Hamas il 7 ottobre. Tra i primi a tornare in libertà potrebbero esserci tre donne e i due fratellini Bibas, gli unici bambini rimasti nelle mani dei terroristi: Kfir, che sabato compirà 2 anni, e il fratello Ariel, 5 anni, entrambi simbolo dell'orrore di Hamas, che li strappò via dal kibbutz di Nir Oz insieme alla mamma in lacrime, Shiri, separata dal marito Yarden, anche lui sequestrato. «Non consideriamo nulla di definitivo finché i nostri cari non attraversano il confine», dicono i familiari. È il sentimento che da sempre domina gli umori israeliani, quando di mezzo ci sono trattative con gli estremisti palestinesi. Nulla è certo finché non avviene. E anche quello che sembra probabile potrebbe essere oggetto di svolte improvvise.
Quel che sappiamo fin qui, dopo l'annuncio di tregua e 15 mesi di guerra, è che nella prima fase dell'intesa, lunga sei settimane (42 giorni), saranno liberati i primi 33 ostaggi, «tutti vivi»: donne, bambini, anziani e malati (tra loro anche alcuni americani, ha garantito il presidente Usa Joe Biden). Dopo il rientro dei primi ostaggi, Israele comincerà il suo ritiro parziale da alcune aree di Gaza e consentirà agli sfollati il ritorno nel nord della Striscia. Circostanza delicata, quest'ultima, che potrebbe già far vacillare l'accordo se fra la folla si annideranno combattenti o armi di Hamas e l'esercito israeliano agirà per scongiurare il peggio. Lo spostamento dovrebbe avvenire esclusivamente a piedi, lungo la strada costiera. Auto, camion e mezzi trainati da animali dovrebbero poter passare solo da controlli ai raggi X, in collaborazione con Qatar ed Egitto. Il timore è che con il passaggio dei civili avvenga anche un passaggio di armi. Ed è lo stesso rischio che Israele correrà quando 600 camion di aiuti umanitari entreranno a Gaza (300 probabilmente a nord), con il pericolo che Hamas ne approfitti per riarmarsi. Un problema che riguarda anche i due corridoi della discordia, Netzarim (che taglia in due la Striscia da nord a sud) e Filadelfia (lungo il confine con l'Egitto e del quale Israele non intende cedere il controllo). Un problema che tocca anche la questione delle zone cuscinetto lungo il confine nord ed est, che dovranno garantire la sicurezza di Israele. E si allarga anche a quei «centri per le cure, che saranno ripristinati» e potrebbero diventare nuovi covi dei combattenti.
Tanto scarsa è la fiducia degli israeliani che al momento del rilascio dei detenuti palestinesi promessi in cambio degli ostaggi israeliani (un migliaio in tutto, tra cui 250 «con le mani sporche di sangue» e 250 per le cinque soldate libere), il Servizio Prigionieri di Israele si munirà di body-cam per documentare lo stato di salute dei carcerati palestinesi prima della liberazione e fronteggiare eventuali falsità.
Ma la vera questione, che intimorisce i parenti degli ostaggi fuori dalla lista dei primi 33 liberati, è come evolverà la seconda fase dell'accordo, ancora nebulosa, e che secondo Biden dovrebbe portare alla fine della guerra. Al momento, diverse clausole dell'intesa, per stessa ammissione di Netanyahu, «rimangono ancora irrisolte». Hamas userà gli altri rapiti, che considera «merce» preziosa, per nuovi ricatti a Israele. Gli estremisti palestinesi puntano al ritiro completo di Israele e alla fine della guerra. E hanno già fatto sapere che, dopo la liberazione dei 33, rilascerà gli altri soltanto se e quando finirà il conflitto. Netanyahu non intende arretrare sui suoi obiettivi: vincere la guerra e sconfiggere Hamas. C'è infine il nodo della futura amministrazione di Gaza, la fase tre, che appare ancora un miraggio.
In questo contrasto di intenti, il cessate il fuoco potrebbe essere solo una parentesi temporanea. E il conflitto potrebbe ripartire fra lo strazio dei civili palestinesi e degli ultimi ostaggi israeliani e delle loro famiglie in attesa del ritorno a casa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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