Guerre stellari cinesi. Il libro di fiction che stanno leggendo tutti i generali (veri)

"Ghost Fleet" immagina il crollo petrolifero dell'Arabia Saudita e una crisi energetica che scatena Pechino. Pazzesco? No, visto che gli autori sono super esperti del ramo

Guerre stellari cinesi. Il libro di fiction che stanno leggendo tutti i generali (veri)

Un ordigno radioattivo «sporco» esploso intorno ai pozzi di Dhahran spazza via l'Arabia Saudita e la sua casa reale, mentre il prezzo del greggio raggiunge i 290 dollari il barile. La crisi energetica innesca la rivolta delle città cinesi, ma l'esercito - mobilitato dagli ultimi gerarchi comunisti - rivolge le armi contro di loro, dissolve il Partito e lo sostituisce con un Direttorato di generali e magnati dell'economia decisi a conquistare l'egemonia globale.

Sono trascorsi poco più di vent'anni da oggi, ma gli obiettivi della nuova Cina immaginata da Peter W. Singer e August Cole nel romanzo Ghost Fleet, A Novel of the Next World War (Houghton Mifflin 2015) sono ancor più ambiziosi. E minacciosi. Assillata dalla necessità di garantirsi un illimitato sviluppo industriale e sanare gli squilibri ereditati dal comunismo, la «nuova» Cina punta al controllo di tutte le fonti energetiche dai giacimenti di «shale oil» a quelli di gas nascosti negli abissi della Fossa delle Marianne. Ma vuole anche l'egemonia commerciale garantita dalla supremazia marittima, aerea e spaziale. Per questo non esita ad allearsi con la Russia e a lanciare un attacco a sorpresa che, come nel 1941, colpisce quel Comando del Pacifico di Pearl Harbor essenziale per il coordinamento delle attività militari statunitensi negli oceani Pacifico e Indiano. Raccontato così sembrerebbe un romanzo postumo di Tom Clancy, ma Ghost Fleet è un'opera originale e sofisticata capace di superare i limiti tra romanzo e saggistica, delineando ambientazioni e dinamiche di un conflitto globale ambientato nei prossimi decenni.

Non a caso le 635 pagine dell'edizione digitale sono seguite da quasi 400 note con collegamenti a internet in cui s'illustrano sistemi d'arma, droni, tecnologie e personaggi citati nella narrazione. L'attuale comandante dei Marines generale Robert Neller lo considera una lettura indispensabile. Per l'ammiraglio Harry Harris, comandante della flotta del Pacifico, un romanzo come Ghost Fleet è invece utilissimo non solo per «confutare le assunzioni e il pensiero arrendevole», ma anche per evitare scenari che rendono inevitabile lo scontro con una Cina in piena sindrome espansionista. Uno scontro tra giganti in cui - come in un gioco di specchi - tutto s'interseca. Se gli Stati Uniti «inventano» negli anni '80 le «guerre stellari» i cinesi del Direttorato le mettono in pratica utilizzando un laser all'ossigeno-iodio montato sulla stazione spaziale Tiangong 3. Da lassù, a 332 chilometri di altezza, il colonnello Huan Zhou incenerisce tutte le reti satellitari americane, da quelle utilizzate per le comunicazioni militari a quelle dei sistemi Gps fondamentali per portare a destinazione non solo gli automobilisti, ma anche bombe e missili di Washington. E così, in questa guerra del paradosso, il gigante statunitense si ritrova messo in ginocchio da un nemico capace di usare con maggior spregiudicatezza quella tecnologia che sembrava l'essenza della sua invincibilità.

Al Direttorato basta, del resto, infiltrare un giardiniere armato di tablet all'entrata della «Defense Intelligence Agency» per trafugare - grazie a un esercito di super pirati informatici - tutti i codici militari del nemico e rendere inutilizzabili i suoi più sofisticati sistemi d'arma. Perché, come spiega nel romanzo il vice ammiraglio Wang Xiaoqian mentre cita davanti ai membri del Direttorato L'arte della guerra di Sun Tzu, «l'opportunità di sconfiggere il nemico è sempre offerta dal nemico stesso». E a farcelo capire contribuisce la sorte del pilota dei marines abbattuto mentre i microchips «made in China» del suo F 35B da 251 milioni di dollari ne forniscono la posizione ai missili del nemico. Quella «svista» commerciale costringe l'America in guerra a chiedere agli studenti di donare i loro tablet per garantirsi le forniture di microchips controllate ormai da Pechino.

Ma l'America di Ghost Fleet è anche un'America abbandonata, eccezion fatta per l'Inghilterra, da tutti gli «amici» europei che, vista la mala parata, non esitano a salutare lei e l'Alleanza Atlantica. In questo scontro paradossale sono le guerre d'Afghanistan e d'Irak - dove in passato non è mai riuscita a far valere un'indiscussa superiorità militare e tecnologica - a garantire all'America una sorprendente resurrezione. Nelle Hawaii - trasformate dai cinesi in «Zona ad Amministrazione Speciale» - i reduci dei marines ribattezzatisi «Mujaheddin delle spiagge del nord» ribaltano la situazione rispolverando le tattiche impiegate un tempo contro di loro. Grazie alle stesse trappole esplosive usate nei decenni precedenti per decimare i loro commilitoni, gli «insorti» a stelle e strisce assaltano i convogli cinesi in sella a vecchie mountain bike e si volatilizzano prima che i droni del Direttorato li inceneriscano a colpi di missili come capitava un tempo a talebani e militanti di Al Qaida. Ma la guerra per il controllo globale è soprattutto quella combattuta a cavallo tra cyberspazio e campi di battaglia reali, tra profondità marine e orbite terrestri.

Recessi estremi in cui si muovono guerrieri portati oltre i limiti umani grazie a stimolanti chimici - in piena sperimentazione nella realtà attuale - capaci di cancellare i limiti imposti da sonno e fatica acuendo reattività e sensibilità.

Un mondo dell'assurdo dove l'arma della rivincita americana è una flotta di navi da guerra dismesse perché ormai obsolete. Così obsolete da rendere inutile la superiorità tecnologica conquistata dal Direttorato cinese.

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