Homefront, l'ultima battaglia degli Usa. Contro l'invasore coreano

Lo sceneggiatore di «Apocalypse Now» John Milius firma la trama dell'ultimo sparatutto in prima persona dei Kaos Studios: 250 anni dopo, la nuova guerra di indipendenza americana

Dunque: come fare per realizzare uno sparatutto in prima persona che si differenzi dal bulimico mondo degli sparatutto in prima persona? Come fare per differenziare un videogioco che deve competere in un settore che vede nuovi ingressi a cadenza settimanale e in cui ciascuna software-house riversa i maggiori investimenti e talenti? Chiedete agli sviluppatori dei Kaos Studios. Oppure, nel caso vi fosse difficile riuscire a contattarli direttamente, cimentatevi con la loro ultima opera, Homefront. La risposta è tutta lì.
La volontà ferrea dei programmatori newyorkesi di offrire una struttura narrativa che potesse dare un'idea reale di quali siano gli orrori di una guerra ma al tempo stesso differenziarsi dagli altri giochi simili ha portato ad affidare a un certo John Milius (lo sceneggiatore del capolavoro di Coppola, «Apocalyps Now») lo sviluppo della trama del gioco. E da un punto di partenza del genere, non può non venire un gioco eccezionale, che ha guarda caso raggiunto il milione di copie vendute nella prima settimana dalla commercializzazione.
E, in effetti, a chi altri poteva venire in mente uno scenario come gli Stati Uniti del 2027 invasi da ormai due anni dalle truppe della potentissima e spietata Corea del Nord, divenuta nel giro di due decenni, grazia all'annessione del Giappone e del Sud est asiatico, la più florida superpotenza mondiale?
La trama di Homefront proietta così il videogiocatore nella spinosissima condizione dei civili statunitensi che, oppressi da un'occupazione militare molto repressiva che annulla tutte le libertà individuali e i diritti fondamentali, cercano faticosamente di organizzare la resistenza all'invasore, dando vita a piccoli nuclei combattenti. Il loro obiettivo: rallentare i piani di conquista dei nord-coreani nella speranza che questi, sbarcati sulla costa ovest, alla fine desistano dal muovere contro la costa est, finora scampata all'invasione per via di una «barriera radioattiva» creata dagli stessi americani, dalla foce del Mississipi alla regione dei Grandi Laghi, facendo esplodere a catena tutte le centrali nucleari della fascia come extrema ratio per rallentare l'avanzata nemica.
Meno innovativa della struttura narrativa la giocabilità del prodotto, che si sviluppa secondo i dettami canonici degli sparatutto in prima persona, aggiungendo però una buona dose di dinamiche stealth: nelle città brulicanti di truppe nordcoreane, il giocatore potrà infatti scegliere se affrontare le missioni con attacchi diretti ai nemici impegnandosi in sparatorie estenuanti oppure agendo col favore delle ombre, aggirando le postazioni nordcoreane per colpire da dietro le linee nemiche.


Un aspetto, questo, molto importante dal punto di vista della rigiocabilità di Homefront, che pecca nella longevità generale del singlepalyer: anche ai livelli di difficoltà più elevati, un giocatore esperto arriverà ai titoli di coda dopo un massimo di cinque-sei ore di avvincente gioco.

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