Alessandro Gnocchi
nostro inviato a Parigi
Barbey d'Aurevilly scrisse che, dopo A ritroso, a Joris-Karl Huysmans non restava che scegliere tra un colpo di pistola e la croce, tra il suicidio e la fede. Huysmans scelse la fede. Prima dovette camminare su una corda tesa sopra l'abisso, titolo di un altro suo famoso romanzo. Huysmans era convinto che la dannazione e la santità fossero a un passo di distanza. Lo zelo dell'uomo giusto poteva tramutarsi facilmente nello zelo del peccatore depravato. La storia offriva qualche esempio. Gilles de Rais, il serial killer che nel grande libro del satanismo è noto col nome di Barbablù, prima di dedicarsi allo stupro e all'omicidio era stato il fedele scudiero di Giovanna d'Arco, nella quale riconosceva il realizzarsi della volontà divina.
Huysmans è autore che si studia a scuola. È confinato nel ruolo importante ma parziale di massimo (...)
(...) esponente del decadentismo. Des Esseintes, il protagonista di A ritroso, è il re degli esteti. La sua raffinatezza però è inutile. Non lo rende felice. Lo isola e lo distrugge. A ritroso è il segno della fine di una cultura estenuata da se stessa.
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Nel frattempo a Parigi è in corso un infinito sciopero generale contro la riforma delle pensioni voluta da Macron. I settimanali mettono in copertina il presidente in difficoltà. «La fine delle illusioni» titola il settimanale conservatore Valeurs Actuelles. Nel sesto e settimo arrondissement niente sembra turbare le giornate della borghesia ricca (e gauchista). «Aperitivo al Lutetia?» «Non è un po' da russi? Ci va anche Depardieu». «Hai ragione, magari allora ceniamo a La Rotonde». Mentre i marxisti rococò riflettono preoccupati sulla crisi della sinistra e sul razzismo strisciante («basta andare in metro per accorgersene»), 610mila manifestanti si interrogano se riusciranno a mettere insieme il pranzo con la cena. In rue du Bac, a un passo dalla sede del primo ministro, ci sono 27 blindati della gendarmerie. Rue de Varenne è chiusa. Le forze dell'ordine hanno i mitra spianati. Una troupe televisiva staziona sul marciapiede. I tavolini di birrerie e ristoranti sono pieni e non solo di turisti.
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Che c'entra con Huysmans? C'entra eccome. Intanto siamo proprio nelle strade dei suoi romanzi, rue de Grenelle, Boulevard des Invalides, Boulevard Raspail. A parte questo, Huysmans è tuttora un razzo segnalatore sparato nel cielo sopra Parigi. Ci parla di una società stremata: la cultura in preda a una parodia del superuomo nietzschiano, l'economia in una fase di violenta trasformazione, le prime truffe finanziarie in dirittura d'arrivo.
La testimonianza di Huysmans ci ricorda dunque che abbiamo già vissuto traumi simili, nella loro essenza, a quelli di oggi: l'economia globale con vincitori e sconfitti, le trasformazioni dell'informazione digitale, la speculazione sui mercati. La cultura europea risponde con vecchie litanie, con i sensi di colpa per aver distrutto l'Europa, sfruttato il mondo e inventato le camere a gas. Tutto vero. La memoria è importante, per carità, ma gli intellettuali di oggi scimmiottano il reale travaglio delle generazioni uscite dalla Seconda guerra mondiale. Alternative non se ne vedono. L'Europa è un tempio diroccato in cui echeggiano parole su parole. È un aborto di chiacchiere obsolete. Siamo una società di eredi, discendenti, degenerati. Offriamo la parodia del Novecento. Il mondo ci guarda disgustato nell'attesa del momento giusto per spazzarci via.
Huysmans offriva una soluzione impraticabile: rifiutare la modernità ovvero il materialismo ovvero il denaro come unica misura di tutte le cose. Huysmans scelse la fede, ben consapevole che avere fede significa rinnovare ogni giorno la speranza di riuscire a credere. Hanno percorso la sua strada altri grandi convertiti come Claudel, Peguy o Gheon. Ma anche credenti carismatici come Bernanos e Mauriac. Niente da fare. La secolarizzazione aveva già vinto con i brillanti risultati che abbiamo sotto gli occhi: tolto Cristo e il freno del comunismo, viviamo nella costante esaltazione dell'avidità e del nichilismo. Distruggere l'Antico Regime, a partire dalla rivoluzione francese, è stato così divertente che ora moriamo dalle risate.
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Ecco perché è importante tornare a leggere e studiare Huysmans. Michel Houellebecq, spirito reazionario, ne ha fatto il protagonista indiretto di Sottomissione, simbolo di una fede generosa ma troppo cupa per contagiare e provocare la conversione. Houellebecq non si riferisce all'unico Huysmans noto in Italia, il decadentista, ma allo scrittore de L'abisso (Lindau, 2018) che si libera dalle scorie dell'estetismo per cercare qualcosa di meno effimero.
Huysmans il convertito, dunque. Ma ci sono anche Huysmans il grande critico d'arte, Huysmans l'autore satirico, Huysmans il poeta del frammento lirico. Per un ritratto complessivo, è consigliata la nuova edizione del Cahier de L'Herne Huysmans (pagg. 320, euro 29). Oltre a numerosi saggi, offre testi inediti di Huysmans: reportage di viaggio, lettere, il progetto di un romanzo sulla liturgia. Per il critico d'arte è indispensabile un salto alla mostra parigina al Museo d'Orsay: «Joris-Karl Huysmans. De Degas à Grünewald» (fino al 1° marzo 2020). In attesa dell'evento al Museo d'Arte moderna e contemporanea di Strasburgo: «L'il de Huysmans: Manet, Degas, Moreau» (3 aprile-19 luglio 2020). Chi non potesse muoversi può avvalersi del catalogo stampato da Gallimard con la collaborazione di entrambe le istituzioni. C'è tutto insomma. Introduce Francesco Vezzoli da Brescia, curatore dell'esposizione di Parigi.
Degas, Caillebotte, Renoir, Monet, Hokusai sono le passioni di Huysmans. Ma anche Odilon Redon, Gustave Moreau, Félicien Rops. Ma forse l'opera che meglio rappresenta la ricerca di Huysmans è la crocifissione di Cristo realizzata per l'altare di Issenheim (1512-1516) dal grande pittore tedesco Matthias Grünewald (14801528). Non solo Huysmans dedicò una monografia a Grünewald ma descrisse l'altare in una pagina magnifica de L'abisso (che pubblichiamo qui sotto). Huysmans è attratto dal fascino e dal disgusto della carne. Grünewald non dipinge un Cristo idealizzato e un Golgota depurato da ogni asprezza. No. La crocifissione è un massacro. Cristo è un cadavere appeso. Le mani sono contratte in una posa innaturale, il corpo porta i segni della tortura. Accanto ci sono volti disperati. Volti comuni. Per Huysmans, questa crocifissione riesce nel miracolo di trasformare la nausea in estasi. Grünewald ha voluto ritrarre tutto e ci è riuscito: l'umanità di Cristo fa risaltare per contrasto la sua santità. Il corpo maciullato richiama il suo opposto, l'anima intangibile. La terra mai così cupa induce la nostalgia dei cieli azzurri. Si sente l'eredità di Des Esseintes ma è rivolta a qualcosa di più solido del superomismo meschino della borghesia.
A proposito di borghesia. I reportage dai caffè parigini (Les Habitués de café) sono esilaranti.
Huysmans prende in giro con decenni di anticipo l'abitudine di prendere l'aperitivo e si chiede perché migliaia di cittadini si ostinino a bere cattivi alcolici in brutti posti a prezzi alti invece di sorseggiare buone bevande nel proprio salotto. Ma Huysmans è buon osservatore. Nei caffè di Parigi, oltre a giocare d'azzardo, si incontrano donne bellissime, che ti rapiscono il cuore.
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