I clandestini "liberati" puntano su Milano

È il trionfo dell'ipocrisia. Da tutti i centri di permanenza temporanea, o di identificazione ed espulsione - chiamateli come volete - i clandestini escono a frotte, con in mano un ordine d'espulsione che non rispetteranno. Che cosa vale l'ordine di un Paese molle che non ha ancora valutato con attenzione obblighi, bisogni, urgenze? Da Milano all'estremo Sud si applica il colpo gobbo che, con l'incalzare dell'opposizione e la cedevolezza di una piccola parte - ma sufficiente - dell'opposizione, ha impedito l'estensione da due a sei mesi della permanenza nei centri degli irregolari. Dei quali si deve individuare con certezza la nazionalità e l'identità, per poterli espellere.
Tutto da rifare. I clandestini sciamano dai centri di permanenza con la loro inutile cartuccella in tasca. Dove vanno, dove sono diretti? Di certo non fanno ritorno nei loro Paesi d’origine. Le statistiche dicono che, quale che sia la loro provenienza, in maggioranza puntano a Nord, nell'area compresa fra Milano e Treviso. Non sanno se troveranno lavoro - oggi è molto difficile - tanti fra loro sono disposti a violare la legge, tanto è noto che in Italia le regole sono tante, ma la loro applicazione è dubbia o aleatoria.
Milano e la Lombardia sono fra le più colpite da questa irregolare invasione di stranieri non necessari. Specie in un momento di crisi in cui la possibilità di lavoro si riduce.
Milano e la Lombardia pagano così un prezzo spropositato alla cecità della sinistra e di una piccola parte della maggioranza.


Eppure, questa città questa regione hanno un rilevante peso politico. Non sarebbe il caso di usarlo fino in fondo per evitare che la sciatteria legislativa freni un'area chiamata a fare da locomotiva e tormentata da una criminalità irrobustita da apporti stranieri?

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