I precari

Parecchi ministri del governo di Romano Prodi hanno una così viva e dolorosa consapevolezza della propria precarietà – «strutturale», la definirebbe il Padoa-Schioppa, il quale ha studiato – che hanno assunto il motto frenetico di tempi convulsi e in un certo senso movimentisti: «Chi si ferma è perduto». E perciò marciano, manifestano, sfilano e si sfilano con una serie di tic e rituali piazzaioli che non hanno precedenti nella storia della Repubblica. Siamo al di là della schizofrenia minore indicata da Enrico Berlinguer con la formula del «partito di lotta e di governo», siamo alla scissione totale, alla personalità multipla e conflittuale che straccia ogni galateo istituzionale e porta esponenti dell’esecutivo a manifestare, in fondo, contro se stessi, per non aver saputo o potuto, nella «stanza dei bottoni», premere quelli giusti. Magari ci hanno provato, ma nel Palazzo da quando c’è il Professore si registrano tanti cortocircuiti e allora uno preme un pulsante che viene neutralizzato da un altro, premuto, all’insaputa del primo, da un collega nervoso e di parere contrario. Succede, all’Unione serve, oltre a un minimo di decente coesione, anche un elettricista.
Oggi, nella manifestazione promossa dalle associazioni gay per il riconoscimento delle unioni di fatto e sponsorizzata da Veltroni-candidato-perenne, sfilano anche due ministri, Ferrero, di Rifondazione comunista, e Pecoraro Scanio, Verde. Ci sono anche sottosegretari, ma Sircana, portavoce inutilmente unico di un governo multiplo e multiforme, sostiene che questi signori, stoltamente investiti di responsabilità istituzionali, non manifestano contro il governo. Ma è proprio così? Gli omosessuali e i politici che ne sostengono rivendicazioni e aspirazioni (dal legittimo riconoscimento dei diritti fino al matrimonio surrettizio, che legittimo non è) col corteo di oggi attaccano il governo del «Dico e non Dico», del «qui lo Dico e qui lo nego», attaccano Prodi che, dopo aver generato i Dico ne ha negato la paternità, salvo rivendicarla dopo, nella breve euforia provocata dal voto di fiducia. Attaccano, i marciatori, i loro colleghi di governo e compagni di maggioranza che, superando la flessibilità ambigua di Rosy Bindi, respingono i Dico e minacciano di bocciarli in quel percorso di guerra che è diventato, per la maggioranza, il passaggio al Senato. Vatti a fidare...
Anche loro sono decisi a marciare. Il mite ministro Fioroni ha già messo l’elmetto e Mastella afferma, col piglio di un duellante vero, che è stata lanciata una sfida e non la lascerà cadere. Sì, marcerà anche lui nella manifestazione in difesa della famiglia tradizionale che si terrà intorno alla fine di questo mese. Per il soave Sircana nemmeno questa sarà una manifestazione contro il governo. Ma Mastella e i cattolici dell’Unione meno propensi ai cedimenti richiameranno il governo di Amleto a difendere e promuovere la famiglia tradizionale senza crearne dei succedanei diseducativi. Insomma, i ministri marceranno contro altri ministri e, insieme, marceranno contro Prodi.

Il quale, per queste manifestazioni, non ha notificato ai componenti del governo il divieto di partecipazione, come è avvenuto per Vicenza. Non lo ha fatto perché era consapevole che, se nella sua fragilità avesse assunto atteggiamenti imperiali, una risata l’avrebbe sommerso.

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