I rimedi contro l'amore firmati da Ovidio tornano con la loro sferzante ironia

La nuova edizione regala il meglio di questo testo classico e (de)erotizzante

«Se la tua donna è priva di una qualità, pregala dolcemente che eserciti proprio quella. Se è senza voce, falla cantare. Se ha brutti denti, raccontale qualcosa che la faccia ridere. Sarà utile andare da lei alla mattina, quando non si è ancora truccata».

Questi sono alcuni dei suggerimenti di Ovidio, che nei Rimedi contro l'amore (Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori, a cura di Victoria Rimell, traduzione di Guido Paduano, euro 50) sembra offrire una palinodia - o un ripensamento - dell'Ars Amatoria, in cui dava consigli «pratici» di seduzione, ma continua, in realtà, la maliziosa e «libertina» trattazione del sentimento che aveva già caratterizzato l'opera precedente.

Nonostante siano state spesso messe in opposizione, le consonanze tra l'Ars Amatoria e i Rimedi contro l'Amore, infatti, sono più che evidenti, come spiega la curatrice nella sua minuziosa introduzione: i Rimedi non sono che un beffardo tentativo di curare le pene d'amore, oltre che un'ironica risposta agli innumerevoli testi che avevano proclamato il desiderio un «dolore incurabile». Il poeta si rivolge sia ai «giovani amanti» che alle «ragazze» («bisognava leggere Ovidio quando avete imparato ad amare, lo stesso Ovidio bisognerà leggere ora»), dando loro inequivocabili suggerimenti, «esempi» e anti-modelli di comportamento: come Didone, che per amore di Enea era arrivata a suicidarsi; o Pasifae, innamorata del toro e madre del mostruoso Minotauro; o Paride, che per avere Elena provocò la guerra di Troia («Dammi Pasifae, e dismetterà l'amore per il toro; affidami Paride, e Menelao si terrà Elena»). L'autore delle Metamorfosi esorta gli innamorati a saziare «la sete di cui bruciano perdutamente», e a bere fino a cercare la nausea: «rimani con lei anche se credi di poterne fare a meno, finché sei al colmo e l'abbondanza tolga l'amore»: più o meno, il contrario di quello che scriverà, molti secoli più tardi, Jean de La Fontaine, che negli Amori di Psiche e Cupido suggeriva di «lasciarsi sempre qualcosa da desiderare, perché la soddisfazione e il disgusto si tengono per mano». Un altro modo per evitare i guai amorosi può essere, suggerisce Ovidio, quello di trovare un'altra donna «in cui si esaurisca il tuo primo piacere. Dopo il primo, il successivo sarà fiacco». Il «più parigino, il più boulevardier degli scrittori latini», come lo definiva Eugene de Saint Denis, però, si spinge oltre, e incita maliziosamente i suoi amanti ad amare «in quella posizione che ritieni meno adatta per lei»; ad aprire le finestre e a far entrare la luce, in modo che tu «possa notare tutte le cose brutte»: un ironico rovesciamento della prima, esplicitissima descrizione del suo incontro d'amore con Corinna, negli Amores, dove la luce smorzata rendeva irresistibile il corpo senza difetti dell'amata.

Ma l'obiettivo di Ovidio è proprio quello di «liberare» gli innamorati dalla loro passione, «di spegnere le terribili fiamme e non avere il cuore schiavo del proprio vizio»: e così, esorta gli uomini a ripensare ai «misfatti» delle loro donne, a ricordare «tutti i danni» che hanno subito a causa loro, e a concentrarsi attentamente sui vizi: un «programma di autoinganno o di allenamento comportamentale non facili», nota Victoria Rimell, dato che le gambe dell'amata «non sono affatto brutte», come non sono brutte le sue braccia.

Un altro precetto importante, nell'educazione antisentimentale di Ovidio, è quello di avere almeno due amanti, perché «un amore sottrae forza ad un altro». Ed è utile vendicarsi con il silenzio di un amore finito: in fin dei conti, «chi dice troppe volte non amo, ama».

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