
Non si seppe mai da dove venne, né come colpì. Né come svanì. E, soprattutto, «non sappiamo se tornerà, sappiamo solo che li abbiamo risvegliati». Sono le parole, inquietanti ma ricche di speranza, del dottor Oliver Sacks, neurologo e autore di «Risvegli», libro pubblicato per la prima volta nel 1973 negli Stati Uniti, uscito in Italia sul finire degli anni Ottanta, declinato sul grande schermo in un film struggente diretto nel 1990 da Penny Marshall con un cast in cui spiccavano Robin Williams e Robert De Niro. La storia è quella della «malattia del sonno» o - per chi la definì scientificamente della cosiddetta «encefalite letargica», misterioso morbo che tra il 1917 e il 1927 colpì diverse persone.
Ad Harold Pinter si deve una versione teatrale dal titolo «A Kind of Alaska», mentre del tutto personale è la versione di Gabriele Calindri (nella foto) che oggi fino a domenica (venerdì e sabato ore 19.30, domenica ore 16.30, ingresso 15 euro, info al sito Factory32.it) va in scena, con il titolo originale «Risvegli», nel suggestivo spazio del Factory32 sui Navigli. «La prima volta che portammo questa pièce in teatro fu quasi in contemporanea con l'uscita del film, e siccome vi lavoravamo da mesi fummo stupiti dalla coincidenza con la pellicola, che fu poi un successo», spiega il regista («per caso», dice lui) Gabriele Calindri, doppiatore, dialoghista e figlio del grande Ernesto Calindri.
Portare in scena una storia così drammatica (i pazienti colpiti da virus caddero improvvisamente, o progressivamente come da conseguenza del morbo di Parkinson, in uno stato apparentemente catatonico) è senza dubbio sfidante per i nove attori in scena. «Pensando anche alla ricetta della spagnola "La Fura dels Baus" puntiamo su un'esercitazione tecnica di alto livello spiega Calindri . Può accadere anche che in scena un singolo personaggio venga interpretato nel corso del racconto da diversi attori. L'idea è quella di riprodurre un vortice emotivo nel quale gli attori raccontano mescolandosi di continuo, alternandosi nel ruolo di pazienti, medici, infermieri e parenti. A occupare lo spazio è davvero la storia collettiva.
«La storia di questa malattia è una mia ossessione spiega Calindri - Sono da sempre attratto dai casi di perdita di coscienza o di controllo: questo morbo faceva dormire le persone mentre continuavano a vivere. Ci sono storie sconvolgenti, di pazienti apparentemente addormentati che però riuscivano ad afferrare una palla da baseball se gli veniva lanciata addosso, o di persone rimaste catatoniche per quarant'anni, risvegliandosi in un mondo radicalmente mutato, dove le loro relazioni non esistevano più». La scenografia di «Risvegli» è minimalista: «Un letto, sedie che entrano e escono dalla scena, giochi di luci emotivi, non serve altro spiega ancora il regista . In un certo modo rievochiamo la scrittura di Oliver Sacks, un autore che prediligo per la sua asciuttezza e la sua capacità davvero unica di non esprimere giudizi su alcun protagonista, né positivo né negativo che sia. Lui sa chinarsi su ogni caso umano.
È per questo che la mia speranza è che chi vedrà il nostro "Risvegli" possa davvero immergersi, se ancora non l'ha fatto, nella bibliografia di Oliver Sacks, a cominciare da opere straordinarie come «L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello» e «Musicofilia - Racconti sulla musica e il cervello».
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