I versi delicati di Massimo Gallerani rivelano "La vita delle ombre"

In questi versi maturi, malinconici, eleganti, il pensiero della fine spinge a un dialogo serrato con le ombre, e dove nello stesso tempo si leggono tracce di vita pienamente vissuta

I versi delicati di Massimo Gallerani rivelano "La vita delle ombre"
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Ricevere il libro di poesie di Massimo Gallerani (La vita delle ombre, Stampa 2009 edizioni, pagg. 93, euro13, nella collana diretta da Maurizio Cucchi) ha risvegliato in me una serie di ricordi che non potevo eludere leggendo e trovando i versi in sé molto belli e rivelatori. Gallerani, che non ho mai più rivisto dagli anni Sessanta, era semplicemente mio compagno di corso alla Statale di Milano, frequentavamo le lezioni di Gillo Dorfles, che era il più mondano e il meno cattedratico tra i professori dell'Università, arrivava con il libro della Poetica di Aristotele in mano, lo apriva, commentava divagando: tanto sapeva che noi eravamo lì aspettando da lui altro, aperture su tutto ciò che era moderno, sulle correnti artistiche più innovative ,sui fenomeni culturali più emergenti nel mondo.

Non so se abbiamo scambiato più di due parole, non so neppure se si sia laureato con Dorfles come ho fatto io, ma Gallerani era protagonista in quell'aula per il suo stile inconfondibile, alto, un po' dinoccolato, con pullover impeccabili. Poi come tutti l'ho rivisto sui giornali, compagno di una cantante dai capelli rossi splendidi ( indimenticabili visti da vicino non sulla scena ma nel foyer del Piccolo Teatro) e dalla caratura intellettuale come Milva.

Ora che siamo entrambi avanti negli anni, ritrovo il giovane studente di Estetica in questi versi maturi, malinconici, eleganti, dove il pensiero della fine spinge a un dialogo serrato con le ombre, e dove nello stesso tempo si leggono tracce di vita pienamente vissuta. La poesia che dà il titolo al libro ha un bellissimo attacco: «E se non fossero morti/ i miei morti ma solo fatti invisibili», e le ombre parlano attraverso oggetti, un guanto, un pettine, attraverso gli squilli a vuoto del telefono, attraverso i silenzi a «noi scampati senza merito». In Posti a sedere una perfetta fenomenologia dell'invecchiare culmina nello sguardo su un volto di ragazza non ricambiato, senza accensioni, terribile. Ma in Una sera di gennaio la memoria fa riemergere tutta la dolcezza sfuggente ma inesauribile della vita, l'uscita da un ristorante, la pioggia, la gioia che danza, una Milano che sembra Parigi, New York, Singapore, il paltò e lo sbuffo di capelli che ne esce, il soffio del respiro. Resta di tutto il mistero di uno sguardo, l'angelo che accende tacite promesse. Il finale è elegiaco, il poeta scrive da lontano a chi è ombra, e veglia sul suo sonno. Nella serie di poesie dedicate, emerge un tono satirico, bastano i primi titoli Perfidia, Birignao (dove si legge un clamoroso, perfido attacco a un c.b. che potrebbe essere Carmelo Bene), che si addolcisce in un testo celebrativo come Nel giorno del tuo compleanno, delizioso sia nella versione italiana sia in quella inglese.

Massimo Gallerani ha lavorato in tanti ambiti artistici nella sua vita, teatro, radio, televisione, musica: qui, nella poesia, la più povera delle arti, parlando di ombre parla dell'essenziale, di ciò che resta, danzando come le figure di Carolyn Carlson, danzatrice e coreografa eccelsa, che impreziosiscono il volume.

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