Troppi libri da comprare e troppi pochi soldi nel portafoglio. E se il vero gap culturale fra l'élite dei lettori forti e il popolo dei lettori deboli fosse economico? Un Adelphi costa 19 euro, un Einaudi «Supercoralli» 22... Una famiglia di fascia media (per reddito), quanti ne potrà acquistare in un mese? Uno? Due? Tre sono già 60 euro... Sì certo, ci sono le biblioteche. Qual è la percentuale di frequentatori abituali di biblioteche rispetto alla popolazione alfabetizzata? E poi, il tempo. Troppo poco per troppi libri: come riuscire a tenere testa al numero folle di uscite, 60-70mila titoli all'anno, fra novità e ristampe? «Si scrive male, si scrive troppo», già si lamentava nel '700 l'abate Dinouart. E oggi è persino peggio. Molto peggio. Solo per stare alla narrativa italiana: ancora fino agli Anni Ottanta un critico letterario riusciva, bene o male, a leggere tutti i romanzi dei grandi autori viventi e dei più promettenti esordienti. Impresa oggi impossibile: i romanzi italiani contemporanei sono una valanga inarrestabile. Ecco perché un critico letterario del livello di Alfonso Berardinelli da anni ha scelto di non leggere più narrativa. Ha ragione lui? Il mercato del libro non è un mercato: è una fiera. Delle vanità. Solo nei primi due mesi del 2022 arriveranno 190 nuovi libri! Tutti scrivono, gli editori stampano (e non possono non farlo: solo inondando i distributori di nuovi titoli, uno dietro l'altro, si possono prendere anticipi e sperare di imbroccare il bestseller), le librerie fanno quello che possono (la vita media di un libro sugli scaffali è di 60 giorni, poi se non diventa un top player delle classifiche si rimanda indietro) e solo il 10-11% degli italiani legge almeno un libro al mese, mentre metà del Paese legge un libro all'anno, e spesso è un non-libro: autobiografie di sportivi e star, manuali di cucina, narrativa usa-e-getta. L'equivalente dei gattini su Instagram. Lo si è detto, stradetto e lo ridiciamo: per ragioni di sopravvivenza gli editori sono obbligati a pubblicare sempre più titoli (in tirature sempre minori: in media mille copie per la prima edizione) e inevitabilmente la qualità media - poiché si tende a far passare tutto - si abbassa. E intanto la critica è morta... Uno dei problemi per il lettore è proprio la difficoltà a scegliere un buon libro in mezzo a un'offerta così ampia e indiscriminata, nel senso di poco selezionata. No: «Più libri» non significa affatto «Più liberi». Spesso «più libri» vuol dire solo più carta, più rese, più debiti per gli editori, più tempo perso per i lettori. E comunque la democrazia e la conoscenza non si misurano dalla quantità delle fonti di informazioni e culturali; semmai dalla loro qualità.
Domanda: quanto l'Italia è un Paese editorialmente democratico? E quanto vive sotto la tirannia dei grandi gruppi, della posizione dominante di Amazon, delle librerie di catena, delle vetrine comprate dagli editori, del bestseller, delle classifiche di vendita (che non sono classifiche di qualità), delle mode, e dei vip che scrivono libri e vanno in televisione, l'unico mezzo per vendere davvero, ancora oggi? E quindi? Potremmo dire: «Pubblichiamo meno, leggiamo meglio». Ma lo sappiamo da noi: non è uno slogan molto corretto.
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