A Milano la solitudine dei numeri uno: i manager sono depressi

Disagio psicologico in aumento tra i dirigenti. Gli esperti: scollegatevi dagli smartphone

Il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588 - 1679) tradusse in senso politico la frase del commediografo Plauto, «Homo hominis lupus», l'uomo è un lupo per un altro uomo, facendo emergere l'indole diffidente, competitiva e solipsista dell'essere umano. Sono passati i secoli e va peggio, soprattutto per coloro giunti a ricoprire cariche elevate. Non si sono resi conto d'essere divenuti «lupi collegati» ma abissalmente soli a causa dell'eccessivo uso dei mezzi tecnologici. Tra i 4 milioni di italiani sofferenti di questa maligna solitudine, mezzo milione sono dirigenti d'azienda, cifra che parla di un 7% in più rispetto all'anno precedente.

Milano è la metropoli con il maggior numero di persone contaminate dalla sindrome d'isolamento collegato che, aggravata dai morsi della crisi, degenera fino a portare chi ne soffre al suicidio. Se Milano è la città dei capi solitari, Roma viene subito dopo. La spersonalizzazione a cui obbliga la metropoli, dove la vita va di fretta e non c'è tempo di coltivare relazioni, si è acuita con la bulimia di cellulari e tablet, demoni di rapporti virtuali privi di fisicità.
«Le idee più grandi degli uomini di genio sono nate quando si trovavano a contatto fisico con la natura, sotto la doccia, in riva al mare, ovvero in una situazione benefica che creava fiducia in se stessi. Slacciatevi totalmente dai social e dalla tecnologia almeno per un intero giorno alla settimana» raccomanda Max Formisano, formatore professionista di manager, autore della ricerca sulla solitudine dei leader e del volume «Se solo potessi.... creare relazioni efficaci» scritto a quattro mani con Davide Tambone.

L'uomo sta diventando un organismo monocellulare, nel senso che vive solo con il suo cellulare, e il processo è tanto più costringente tanto più si sale in alto nella scala delle mansioni. Il capo, condannato a vivere al vertice di una piramide dove s'aggira solo il vuoto dell'isolamento, si è chiuso in una trincea da cui tutti gli appaiono come nemici. È convinto di salvarsi allontanando il pericolo del contatto e inviando mail e messaggini: niente contaminazioni con chi gli sta vicino, potrebbero costituire un pericolo per la sua professione.

Sconforto, perdita di sicurezza, senso di frustrazione, paura e ansia sono i sintomi di cui a poco a poco il «lupo collegato» comincia a soffrire, quando s'accorge che tutte le pile virtuali di sms, le mail, i profili Facebook, i twitter nel momento del bisogno non ripagano con una relazione davvero reale e amabile, ovvero «efficace». L'80% degli intervistati della ricerca di Formisano ha dichiarato di non avere nessuno con cui poter entrare in confidenza e il 70% ha confessato di voler parlare con una persona senza sentirsi sotto giudizio. Per questo ci si rifugia nel virtuale, ma alla fine l'eccesso di esso è una trappola dove il lupo rischia di perderci il pelo. Allora, lupi collegati, almeno per 24 ore alla settimana perdete il vizio di digitare su una tastiera. «Un altro consiglio da parte di un nostalgico? Tornate al rapporto con il cartaceo.

Leggete giornali e libri, perché la carta è natura e stimola il senso del tatto con la realtà concreta». Non dimenticate di riprendere a sognare, dove per sogno si intende una visione personale che si realizza quando è condivisa dagli altri, altrimenti resta solo fumo su tablet.

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