Il golpe che ha cambiato la storia d’Italia

Nell'introduzione al libro di Brunetta (da mercoledì con Il Giornale), il Cav racconta la sua sul complotto che ha portato alle dimissioni da premier

Il golpe che ha cambiato la storia d’Italia

Racconta il ministro del Tesoro di Barack Obama, Timothy Geithner, che nell'autunno del 2011 ricevette un forte invito da alte personalità europee perché convincesse il presidente degli Stati Uniti ad aderire a «un complotto». Lo chiama proprio così, nelle sue memorie uscite nel maggio 2014 e intitolate Stress test. Complotto. A quella proposta scrive di aver risposto: «We can't have his blood on our hands». Noi non vogliamo sporcarci le mani con il suo sangue.

Il sangue è il mio.

Il complotto era contro di me. Contro l'Italia, contro la sovranità del popolo italiano che mi aveva scelto con il voto per essere il capo del suo governo. Nel leggere la parola «sangue» ho pensato per un attimo che si fosse trattato proprio di eliminarmi fisicamente. Sarebbe interessante a questo punto sapere i particolari del «piano».
Obama disse comunque di no, di qualunque cosa si trattasse, come conferma anche un'inchiesta del Financial Times, uscita anch'essa a maggio 2014, che gli fa pronunciare le parole: «I think Silvio is right», penso che Silvio abbia ragione. Grazie. Lo penso ancora. Avevo ed ho ragione. Non è con l'austerità, non è schiacciando il tallone sul collo della gente che si esce dalla crisi. Soprattutto, il bene della democrazia non è negoziabile, a nessun costo.

Quella volta Obama per due volte disse di no. E il complotto non riuscì. Ma il golpe fu soltanto rimandato. Dovevo essere punito, e con me il popolo italiano che mi aveva scelto.
Era successo che in quell'estate-autunno del 2011, mi ero opposto in ogni modo alla politica di austerità che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy volevano imporre all'Italia, al punto di volerla far commissariare dal Fondo monetario internazionale. Non intendevo - anche se lasciato solo dal capo dello Stato - rinunciare alla nostra sovranità, per rispetto alla nostra gente e per ragioni di dignità nazionale.

Fui costretto però, pochi giorni dopo il G20 di Cannes, dove ai primi di novembre ero stato sottoposto a pressioni tremende, a dimettermi. Lo feci perché preferii ritirarmi piuttosto che danneggiare irreparabilmente l'Italia, che era tenuta sotto tiro con la pistola dello spread. Un'arma costruita a freddo per consentire a potenze esterne e interne, extra democratiche, di prendere il timone della nave.

(...) I primi mesi del 2014 hanno visto la fioritura di una serie di testimonianze convergenti. Sin dal giugno del 2011, quando ancora lo spread era ai minimi, Mario Monti era già stato oggetto di un profetico sondaggio da parte del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, così che si tenesse pronto al gran salto a Palazzo Chigi. Lo ha confessato lo stesso Monti ad Alan Friedman, e lo hanno confermato al medesimo giornalista americano Carlo De Benedetti e Romano Prodi. Addirittura Corrado Passera - si viene a sapere - aveva confezionato un programma economico ad uso di Mario Monti sin da quell'estate. Già nel novembre del 2013, l'ex premier spagnolo Luis Zapatero, nel suo libro Il Dilemma, aveva raccontato che Monti era stato di fatto nominato premier durante il G20 di Cannes da Merkel, Sarkozy, dai burocrati di Bruxelles e del Fondo monetario internazionale. La stessa cosa venne confermata poi da Lorenzo Bini Smaghi, allora alla Bce, nel suo libro Morire d'austerità.

Brunetta racconta i fatti del 2011 con dovizia di particolari inediti, ma va oltre. E documenta come il colpo di Stato, non pienamente portato a compimento con Monti, abbia poi trovato il suo coronamento con la mia estromissione dal Senato e con la mia incandidabilità per sei anni. Un'infamia perseguita sulla base di una legge ambigua, applicata retroattivamente a seguito di una condanna infondata e ingiusta (e che sono sicuro sarà capovolta dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo e dalla revisione del processo).

Come si vede gli elementi sono troppi per fingere non sia accaduto nulla di anomalo, e che la democrazia italiana abbia avuto un andamento ligio alla Costituzione. Sono stupefatto che, dinanzi a questa sequenza di avvenimenti per lo meno strana, nessuna procura abbia - almeno nel momento in cui scrivo queste righe - aperto alcun fascicolo con scritto sopra «Estate - autunno 2011: Attentato alla Costituzione».

(...) Si sta ora discutendo di riforme istituzionali.

Direi però che la prima riforma deve essere il ripristino della democrazia. Da quel 2011 in Italia non ci sono più presidenti del Consiglio e governi eletti dai cittadini.

La prima riforma dunque deve essere quella di riconoscere la verità, e di rimediare ai torti che l'Italia ha subìto.

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