Re a cavallo e sovrani bancari

Guardavo Re Juan Carlos sotto il ritratto splendido del suo antenato. Poi ho visto Olli Rehn e Barroso, Christine Lagarde e Schulz

Guardavo Re Juan Carlos sotto il ritratto splendido del suo antenato, accanto alla famiglia reale e nelle immagini salienti della sua vita regale. Poi ho visto Olli Rehn e Barroso, Christine Lagarde e Schulz e tutti quegli euroterrestri aggirarsi per i padiglioni asettici e intubarsi nei corridoi di Bruxelles e paraggi. Vivono in un acquario sterile e artificiale, del tutto apolide, un incrocio tra una clinica, un bagno chimico, il caveau di una banca e un centro spaziale. E poi quegli emicicli ikea, quegli euroambienti tutti uguali con la stessa luce da obitorio, così privi di storia e di vita, di umanità e di cielo, terra, mare e sole. E mi sono detto: ecco la differenza tra la sovranità della Tradizione e la sovranità del Globale, tra la regalità e la finanza, tra aristocrazia e burocrazia. Juan Carlos ha i difetti atavici dei re, le donne e la caccia, ma ha il carisma della sovranità.

Lo dico da europeo e da meridionale, perché i Borbone ci sono familiari, e anche da noi i bambini si chiamano meninni e gli schiaffi bufitoni. Juan Carlos è nato a Roma, è mezzo nostrano, in lui vive un Giancarlo.

Allora mi sono detto: ora chiedono che dopo il Re arrivi una squallida eurorepubblica formato standard, priva di simboli e di riti, senza carisma e senza storia, dove la Spagna si riduce a Spa e diventa solo un padiglione dell'Euro. È questo che sperano dal successore Felipe, che sia fighetto ultramoderno, neoborghese, che non tiene alla corona ma alla troika. Spagnoli, restate in Europa, non arrendetevi all'Ue.

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