Alfano-Fitto, l'incontro va a vuoto. Il governo rischia

Berlusconi è pessimista: mi parlano di pacificazione, ma vogliono solo eliminarmi. L'ipotesi: Alfano vicepresidente con Verdini e Lupi coordinatori nazionali

Alfano-Fitto, l'incontro va a vuoto. Il governo rischia

Potranno vedersi pure cento volte, ma finché non sarà Berlusconi a prendere una decisione la partita interna al Pdl è destinata a non sbloccarsi. Detto questo, il faccia a faccia tra Alfano e Fitto registra una fibrillazione inaspettata se i commessi di Montecitorio arrivano a blindare non solo la Corea (il corridoio attraverso il quale si accede alla stanza dove i due si vedono) ma pure le zone limitrofe. Una cosa mai vista neanche quando a tenere le riunioni alla Camera era il premier Berlusconi con al seguito corposo circo mediatico.

Un faccia a faccia, quello tra Alfano e Fitto, fortemente voluto proprio dal Cavaliere ma dal quale non sembra arrivare alcuna novità. Due ore per fare un po' di amarcord sul passato e per dirsi che le posizioni restano ferme e, dunque, lontane. Fitto continua a chiedere a nome dei lealisti che nella confluenza dal Pdl a Forza Italia tutte le cariche siano rimesse nelle mani di Berlusconi (compresa quella del segretario Alfano) mentre il vicepremier è sì d'accordo sul ritorno a Forza Italia ma solo se l'approccio è lo stesso della cosiddetta sfiducia costruttiva: azzerare l'organigramma ma proporne contestualmente uno nuovo. Con il Cavaliere nel ruolo di presidente con pieni poteri – è una delle ipotesi che il vicepremier accetterebbe - Alfano potrebbe per esempio fare il vicepresidente. Magari con Verdini e Lupi coordinatori. Le ipotesi sul tavolo sono diverse, anche se la sensazione è che nel faccia a faccia non si arrivi tanto avanti nella discussione visto che le posizioni restano distanti. Di certo c'è che almeno a ieri sera l'Ufficio di presidenza del partito non era stato ancora convocato mentre Alfano lasciava intendere con i suoi che quello di ieri è stato solo il primo incontro e altri ne seguiranno. «C'è ancora molto da lavorare», dice a un deputato prima di lasciare Montecitorio. Poi a sera vede il Cavaliere che più tardi incontra Verdini e oggi vedrà Fitto.

Insomma, un nulla di fatto. Anche se ai punti chi forse porta a casa qualcosa è proprio Fitto visto che «costringe» in qualche modo il vicepremier ad ascoltare per la prima volta le sue ragioni. Secondo molti perché Alfano sta davvero facendo il possibile per tenere unito il partito e rintuzzare da una parte chi nel Pdl ha già deciso per lo strappo (e vuole i gruppi autonomi) e dall'altra mettere in sicurezza una legge di Stabilità che rischia di diventare un macigno. Quando Capezzone lamenta che le tasse sulla casa sono in aumento, infatti, non va poi così lontano dal vero e pure in trasmissioni come Porta a Porta o Ballarò i ministri del Pdl hanno faticato non poco a difendere i numeri della legge di Stabilità.

In questo confuso scenario dove colombe e lealisti si affrontano per decidere chi avrà in mano l'organizzazione della nuova Forza Italia resta sempre sullo sfondo un Berlusconi che continua a restare in equilibrio. A diversi interlocutori il Cavaliere ha confidato di voler azzerare tutto e avocare a sé ogni carica, con l'obiettivo di restare leader del partito e dello schieramento. Anche perché se davvero dovesse decadere da senatore sarebbe l'unico ruolo in cui continuare a giocare la partita. Ogni decisione, però, pare sia rimandata più in là, quando saranno più chiari i termini del voto sulla decadenza. Intanto, a Palazzo Madama arriva un primo segnale con undici senatori del Pdl che si astengono sulle riforme istituzionali. Tra i dissidenti c'è Minzolini, il primo a parlare in aula contro il ddl. E il segno di quanto il clima nel partito sia decisamente sopra le righe sta nello sfogo di un deputato del Pdl che alla buvette di Montecitorio accusa apertamente Minzolini – uno che da sempre è schierato contro il governo senza se e senza ma - di voler far cadere l'esecutivo solo perché «lui ha comunque un posto in Rai».

Berlusconi aspetta. Ma poco fiducioso.

Il rinvio a giudizio che arriva da Napoli, dice, è la conferma che «non è in corso alcuna pacificazione» come «qualcuno vorrebbe farmi credere». L'obiettivo, confida in privato, è quello di «arrestarmi», «farmi fuori fisicamente», «eliminarmi». Ecco perché – si sfoga – ormai «non mi fido più di nessuno».

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