Alfano inchioda il Pd: riforme ora o mai più

Alfano inchioda il Pd: riforme ora o mai più

RomaAlfano lancia la sfida del semipresidenzialismo, mette il Pd all’angolo, firma un’assicurazione sulla vita del governo Monti e apre alla legge elettorale col doppio turno.
Il segretario del Pdl presenta in Senato i 5 emendamenti che cambierebbero il sistema di governo: «La nostra è una proposta molto seria. Facciamo il semipresidenzialismo alla francese, facciamolo ora o mai più - dice grave -. La nostra proposta non punta a ottenere un no per puro tatticismo ma punta ad ottenere un sì per il bene dell’Italia». E ancora: «I tempi ci sono. Se il Senato approva questa riforma, l’anno prossimo, di questi giorni, avremmo un capo dello Stato eletto direttamente dagli italiani». E la conferenza dei capigruppo incardina subito il ddl: il voto finale arriverà il 14 giugno. Quindi Alfano fa un appello «a tutte le forze che si autoproclamano riformatrici per fare la riforma delle riforme». Ma Bersani che farà? Alfano sa che in questo modo potrà accusarlo di mettere sabbia nell’ingranaggio delle riforme costituzionali: «Se ci sarà il no metteremo in evidenza che il nostro è il campo dei riformatori mentre la sinistra è per la conservazione dello status quo». Ma lungi dall’essere un ricatto: «Voglio comunque ribadire che in caso i nostri emendamenti non fossero accettati noi non ostacoleremo il percorso della riforma in discussione al Senato». A Bersani, Alfano lancia il guanto di sfida: «Visto che venerdì il Pd terrà la sua Direzione nazionale, entro il terzo venerdì dalla Direzione, propongo a Bersani un accordo sulla legge elettorale». Alfano avanza una sorta di scambio: «Il doppio turno, da noi sempre osteggiato, andrebbe invece bene con l’elezione diretta del presidente della Repubblica». Insomma, il Pdl vuole fare sul serio e chiede che il Pd metta le carte sul tavolo. Ovvio che la proposta del Pdl allunghi anche la vita al governo Monti, mettendo a tacere l’anima antimontiana del partito. E Alfano non si nasconde dietro a un dito: «La tabella di marcia indicata dal Pdl postula che questo governo duri fino alla scadenza naturale della legislatura».
Poi Alfano illustra il progetto di riforma del Pdl, alla presenza di La Russa, Cicchitto, Gasparri, Quagliariello, Brunetta e l’onorevole Peppino Calderisi. Nel dettaglio: il presidente della Repubblica dura in carica 5 anni (non più 7) e può essere rieletto una sola volta. Può sciogliere le Camere (o una di esse), ma non nel primo anno dall’elezione delle Camere. Presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al primo ministro, nomina il primo ministro e su proposta del capo del governo nomina e revoca i ministri. Il senso della riforma è che, parole di Alfano, «nella stanza dei bottoni ci devono essere i bottoni». Sulla carta, gli emendamenti targati Pdl avrebbero in Senato i numeri per passare. In base ai rapporti di forza tra i gruppi parlamentari, i favorevoli, sulla carta, potrebbero arrivare a quota 162. Da registrare che questa volta Fini sembra accantonare il suo viscerale antiberlusconismo per appoggiare il progetto di riforma del Pdl. Probabilmente per cercare di modificare la legge elettorale, visto che se si votasse con il Porcellum per il Fli sarebbe la fine. Per opportunismo o meno, il presidente della Camera schiera i suoi a favore del semipresidenzialismo: «Qualcuno strumentalizzerà ma è una proposta che io faccio da 20 anni». Sempre sulla carta, contrari sono il Pd (104), l’Idv (12), l’Udc con Svp e Autonomie (15), che insieme fanno 131 voti contrari. Più 8 del Terzo polo, 139. In ogni caso il Pd tentenna.

La Finocchiaro chiude: «Prima si approvi una legge sul conflitto di interessi» mentre Enrico Letta sposta il problema: «Prima la legge elettorale». Idem Casini che tenta di sparigliare: «Non vorrei che si disperdesse ciò che per me è più importante, cioè la legge elettorale». E anche la Lega dice la sua: «Sì, ma solo con un Senato federale».

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