"Un anno e quattro mesi ad Arcuri". La richiesta dei pm sulle mascherine anti-Covid

L'accusa mossa all'ex commissario all'emergenza Coronavirus è quella di abuso di ufficio: l'ex dirigente nominato da Conte per la pandemia ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato

"Un anno e quattro mesi ad Arcuri". La richiesta dei pm sulle mascherine anti-Covid
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Un anno e 4 mesi di reclusione. È questa la richiesta di condanna che i pm della procura di Roma Fabrizio Tucci e Gennaro Varone nei confronti di Domenico Arcuri finito imputato per abuso d'ufficio nell'inchiesta giudiziaria sulla maxi-fornitura delle mascherine importate dalla Cina, la cui commessa avvenne all'inizio della pandemia nel marzo del 2020. La procura ipotizza per l'ex commissario straordinario per l'emergenza sanitaria Covid-19 e altri dieci imputati, che hanno scelto il rito ordinario, il reato di abuso d'ufficio. Arcuri ha scelto invece il rito abbreviato. I magistrati romani hanno messo sotto i riflettori gli affidamenti per un valore di 1,25 miliardi di euro per l'acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l'intermediazione di alcune imprese italiane.

Secondo i pubblici ministeri capitolini il funzionario pubblico nominato quattro anni fa da Giuseppe Conte, "nella qualità di commissario per l'emergenza sanitaria da Covid 19, dunque di pubblico ufficiale – si legge nel capo di imputazione - in concorso con Antonio Fabbrocini, rup (responsabile unico del procedimento, ndr) delle aggiudicazioni di forniture commesse dalla struttura commissariale e dunque anche lui pubblico ufficiale", nonché in unione e concorso per mutuo accordo con Vincenzo Tommasi, "costituivano, intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale". Accuse che gli avvocati di Arcuri rispediscono al mittente.

Nella processo partito da Roma, tra gli indagati nella fase iniziale, c'era anche l'ex giornalista Rai Mario Benotti, scomparso la scorsa estate. Gli altri indagati non sono accusati di abuso d'ufficio, come Arcuri. Per loro, infatti, l'accusa è più grave: traffico di influenze. Nel capo d'imputazione si legge che Benotti, in concorso con altri, "sfruttava le proprie relazioni personali e occulte con Arcuri, ex commissario per l'emergenza sanitaria, ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner di Benotti un'esclusiva in via di fatto nell'intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali".

Fabbrocini invece è imputato di frode nelle pubbliche forniture in concorso con altri, perché "agendo nella qualità di rup", avrebbe indotto (con altri) "il Cts ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme Uni En". Il risultato lo avevano già spiegato i giudici: "Pur di non lasciare la popolazione sanitaria sprovvista di tutela", sono state importate mascherine fidandosi della documentazione allegata. Le mascherine sono finite negli ospedali, nei primi presidi sanitari.

Ma quando erano sorti i primi sospetti e gli inquirenti avevano cominciato a fare analisi a campione, era emersa una verità. Tra le 801.617.647 di mascherine c'erano difatti anche dispositivi non conformi alle prescrizioni.

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