Juliane Assange è ora cittadino onorario di Roma. L'assemblea capitolina ha approvato (con 27 voti favorevoli e 2 contrari) la delibera 198 del 2023 per concedere la cittadinanza onoraria al fondatore di Wikileaks, in carcere nel Regno Unito per aver pubblicato file riservati del governo americano. In Italia analoghe iniziative in favore di Assange erano state adottate da altre grandi città come Napoli e Reggio Emilia. A Milano, diversamente, la pratica per conferire la cittadinanza onoraria al 52enne australiano era stata congelata proprio nei giorni scorsi con la maggioranza di centrosinistra spaccata sul tema.
A Roma, invece, l'approvazione della delibera è stata invece accolta con particolare soddisfazione dai Cinque Stelle, che avevano proposto la cittadinanza per il cofondatore Wikileaks quando Virginia Raggi era sindaco. "Finalmente ce l'abbiamo fatta. È un momento di grande soddisfazione per chi, come noi, crede che la Capitale debba lanciare un segnale importante a favore di un uomo i cui diritti fondamentali sono stati ripetutamente violati. Adesso Gualtieri convochi la moglie di Assange, Stella Moris, entro venti giorni per conferirle l'onorificenza. Sarà un grande giorno per Roma e per la libertà di informazione", hanno dichiarato in una nota, l'ex sindaca di Roma, la capogruppo capitolina 5s Linda Meleo e il capogruppo capitolino della Civica Raggi, Antonio De Santis.
Assange è accusato di vari reati negli Stati Uniti, che hanno chiesto al Regno Unito la sua estradizione. Rischia oltre cento anni di carcere per aver diffuso documenti segreti e viene trattato come una spia e in quanto tale subirà con certezza un processo. Le sue condizioni di detenzione sono finite a più riprese al centro di rimostranze e denunce da parte di associazioni per i diritti umanitari.
Intanto, proprio nelle scorse ore, il primo ministro australiano Anthony Albanese aveva auspicato il raggiungimento di una conclusione consensuale e "amichevole" del procedimento giudiziario contro il fondatore di WikiLeaks, dopo che i legislatori avevano aumentato la pressione sugli Stati Uniti e sulla Gran Bretagna approvando una mozione che chiede al cittadino australiano di essere autorizzato a ritornare nel proprio paese d'origine.
"Non spetta all'Australia interferire nei processi legali di altri Paesi, ma è opportuno per noi esprimere la nostra ferma convinzione che questi Paesi debbano prendere in considerazione la necessità che ciò venga concluso", ha affermato Albanese, sostenendo che "indipendentemente dalla posizione delle persone, questa cosa non può andare avanti all'infinito".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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