Battiato offende le deputate. Il triste declino di un guru

L'assessore-cantautore in aula a Bruxelles parla di "troie". Il poeta de "La cura" ha perso il centro di gravità permanente

«Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È un fatto inaccettabile». Invece di stare lì sarebbe meglio «che aprissero un casino». Parole e musica di Franco Battiato, in tournée al Parlamento europeo di Bruxelles. Potrebbe titolarsi «Maliconico declino di un guru» la parabola amara cui stiamo assistendo in questi giorni di esternazioni del più osannato cantautore siciliano, evidentemente orfano del suo centro di gravità permanente. Il Battiato di qualche anno fa, ancora immaginifico, irriducibile e insolente ne trarrebbe una grande allegoria musicale. Parlava di rado e lo si attendeva come un oracolo quando compariva a ogni anno bisestile quasi per lenirne le avversità. Scriveva canzoni come Un'altra vita o Tutto l'universo obbedisce all'amore. Si palesava da Fabio Fazio per un'intervista o un'esibizione accovacciato su un tappeto orientale. Oggi siamo sconsolati per lui. E un tantino anche per noi, digiuni della sua mistica esoterica che, tuttavia, qualche lume suggestivo lo accendeva. C'è un abisso siderale tra la provocatoria insolenza di allora e il volgare delirio di questi giorni. C'è la distanza che intercorre tra un'icona poetica di gioventù e il precoce tramonto di un ex mostro sacro affogato nel livore. E non basta certo l'affinità non si sa quanto elettiva con il presunto maître à penser Manlio Sgalambro a stemperare la delusione. Dovremo farcene una ragione, temiamo definitiva. Anche se risulta impresa ardita, come testimoniano le reazioni di giornata segnalate da esponenti dell'intero arco costituzionale, ugualmente stupefatte di tanta bassezza espressiva.

Franco Battiato, l'autore di La cura, la più struggente canzone d'amore dell'ultimo ventennio, è la stessa persona, va precisato, che esercita il ruolo di assessore al Turismo della Regione Sicilia retta dalla giunta Crocetta. In questi giorni slalomeggia nella sua doppia veste nelle capitali nordeuropee. Tiene concerti all'Olympia di Parigi e, a sipario chiuso sui bis trionfali, scolpisce il suo disprezzo razziale per la destra italiana: «È una cosa che non appartiene agli esseri umani». Si palesa in abito istituzionale al Parlamento di Bruxelles. «In Italia si sta avverando una profezia biblica. Parliamo la stessa lingua ma non ci intendiamo», ha premesso nella sua indistinta invettiva. «Ognuno è artefice del proprio destino, questa Italia così fa schifo. È inaccettabile. Sono inaccettabili i loro discorsi. Servi dei servi». Avrebbe potuto invitare i rappresentanti degli altri Paesi a visitare la Sicilia da molti dipinta come l'eldorado di un nuovo miracolo italiano. Invece, un demone dal quale evidentemente non l'ha riparato la mistica sufi, gli ha messo in bocca quelle parole sulle «troie che si trovano in Parlamento».

In questo momento di dissidio massimo, tuttavia un miracolo il cantautore-asceta-assessore è riuscito a farlo: mettere d'accordo Daniela Santanchè e Celeste Costantino di Sel, Renato Brunetta e Rita Borsellino; la quale, continuando a chiamarlo «maestro», ne ha chiesto, come molti altri, le dimissioni da assessore. Un applauso bipartisan si è levato invece alla Camera quando il presidente Laura Boldrini ha stigmatizzato «nel modo più fermo l'insulto» che da Battiato «arriva alla dignità del Parlamento. Neanche il suo prestigio lo autorizza ad usare espressioni così indiscriminatamente offensive». Tanto universale, la levata di scudi ha causato il ripensamento del nostro esternator cortese.

Così che, a stretto giro di agenzia, ha preso atto con dispiacere che la sua frase, «che ovviamente si riferiva a passate esperienze politiche caratterizzate da una logica da mercimonio offensiva della dignità delle donne, sia stata travisata e interpretata come un'offesa al Parlamento attuale, per il quale ho stima». Le «troie», in buona sostanza, erano quelle del Parlamento scorso. «Chieda umilmente perdono invece di offrire precisazioni», ha intimato la grillina Sonia Alfano. Perdono? Un'insolenza nella mistica sufi.

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