Il timore, nemmeno tanto celato, è che la quarta votazione finisca per portare al Quirinale Romano Prodi, uno dei candidati meno graditi dal Cavaliere. Lo dice chiaramente Silvio Berlusconi durante le tante e tante telefonate della giornata, alla ricerca di un punto d'intesa con un Pier Luigi Bersani che ormai non è più in grado di tenere in mano il partito.
La botta arrivata sul nome di Franco Marini, non era assolutamente attesa, almeno nelle proporzioni numeriche. E a via dell'Umiltà c'è anche chi non nasconde un certa incredulità perché spiega in privato il Cavaliere che il Pd fosse così allo sbando non lo credeva nessuno. In Transatlantico si affollano i capannelli e tutti i big del Pdl concordano nel dire che la palla adesso sta a Bersani. «Noi ci siamo comportati in modo responsabile ripete Berlusconi ai suoi e abbiamo tenuto fede agli impegni presi, ora sta al segretario del Pd fare lo stesso». Per il Cavaliere, insomma, il canovaccio non cambia. E dopo che la seconda votazione filata via tra le schede bianche, il Pdl - per bocca di Angelino Alfano - lascia intendere di essere pronto a tornare su Marini dal quarto voto (dove per essere eletti è sufficiente la maggioranza semplice). Il segretario di via dell'Umiltà, infatti, invita tutti a «individuare la soluzione più idonea per eleggere il presidente sin dalla quarta votazione». Ma ci tiene a sottolineare come Marini, pur non raggiungendo il quorum dei due terzi previsto per le prime tre votazioni, abbia comunque «superato la maggioranza assoluta degli aventi diritto». La traduzione è semplice: non si capisce perché ora il Pd pensi di cambiare candidato, visto che già dal voto di oggi pomeriggio l'ex presidente del Senato avrebbe teoricamente i numeri.
Ed è questa la ragione per cui ufficialmente il Pdl resta su Marini. «Per senso di responsabilità e perché noi manteniamo gli impegni presi», dice Berlusconi in privato. Ma pure per mettere nero su bianco le responsabilità del Pd che «pensa di ritirare Marini anche se i voti per essere eletto alla quarta chiama ce li ha». Che poi il Cavaliere sappia bene che l'ex segretario del Ppi è ormai quasi bruciato non è certo un mistero. I contatti tra Bersani e Alfano sono ripetuti, come anche quelli tra Denis Verdini e Ugo Sposetti. Che in Transatlantico si lascia scappare un sibillino «siamo ormai privi di comando e così possiamo combinare solo guai», ma poi al telefono con il coordinatore del Pdl sonda il gradimento di Massimo D'Alema presso Berlusconi.
Già, perché nel Pd che questa mattina si riunirà per decidere il suo candidato al Quirinale è in corso una vera e propria guerra tra bande. Le diplomazie, pare, stanno tenendo al corrente i vertici del Pdl di quanto accade, ma è chiaro che ogni sorpresa è possibile. Soprattutto dopo che D'Alema ha saputo di come Bersani avrebbe presentato il suo nome al Cavaliere due giorni fa: «Questo eviterei d'indicarlo perché non mi è gradito». Sembra che l'ex segretario del Pds non l'abbia presa affatto bene.
La palla, dunque, sta sostanzialmente al Pd che oggi dovrà fare un nome per la quarta votazione. «Sono due mesi che lavoriamo con responsabilità per unire, adesso è il senso dei ragionamenti di Berlusconi Bersani deve scegliere: o si butta su Grillo e candida al Colle Prodi oppure ci presenta un nome su cui sia possibile convergere».
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