Le elezioni per il rinnovo del Parlamento del 2006 sono state foriere di molteplici confronti battaglieri in televisione tra esponenti di spicco della politica. Basti pensare ai match tra Berlusconi e Prodi moderati da Mimun e Vespa, per non parlare dell'alterco tra Vladimir Luxuria e Alessandra Mussolini nello studio di Porta a Porta. Sempre in quella campagna elettorale ci fu un altro faccia a faccia parecchio teso: protagonisti dello scontro tv in merito sono Massimo D'Alema e Pier Ferdinando Casini. Il primo è all'epoca presidente dei Democratici di Sinistra, a sostegno della candidatura a premier di Romano Prodi, mentre il secondo è il presidente uscente della Camera dei Deputati, nonché uno dei volti più importanti dell'Udc che appoggia Silvio Berlusconi nella riconferma a presidente del Consiglio.
È il 7 febbraio 2006 e i due sono entrambi ospiti di Ballarò, talk show in prima serata di Rai3 condotto da Giovanni Floris. Quel martedì è già parecchio incandescente poco prima della diretta televisiva, quando Berlusconi telefona al presentatore per chiedergli se può partecipare anche lui alla trasmissione. Floris prende tempo perché ha bisogno del consenso degli altri ospiti: così li informa. Emma Bonino e Casini accettano, mentre D'Alema sbarra la strada al capo del governo ancora in carica, non accetta il confronto. Se arriva il Cavaliere, lui va via: è il diktat dell'ex presidente della Bicamerale. Ma anche senza il duello D'Alema-Berlusconi, la trasmissione si surriscalda subito.
Il tema è - "strano" a dirsi - sempre quello della giustizia. Tra il presidente dei Ds e la terza carica dello Stato sono infatti scintille sulla candidatura di Totò Cuffaro alla presidenza della Regione Sicilia, imputato per favoreggiamento aggravato alla mafia, e sul caso Unipol: quest’ultima fa riferimento ai tentativi di acquisizione da parte di Unipol (holding finanziaria italiana che offre servizi assicurativi e finanziari) della Banca Nazionale del Lavoro. Tale operazione in quelle settimane era oggetto di una complessa inchiesta giudiziaria che i giornali definirono "Bancopoli". Pochi mesi prima diventò famosa l'intercettazione telefonica tra Giovanni Consorte, amministratore delegato dell'Unipol, con il segretario dei Ds, Piero Fassino, il quale chiese al primo: "Abbiamo una banca?".
Lo scontro ha così inizio. "Posso sbagliare ma nella mia responsabilità politica ritengo che Cuffaro sia una persona perbene". Casini cerca di sgombrare il campo dai dubbi sollevati da D'Alema. Che però non demorde e avvisa: "Temo che alla fine misureremo la responsabilità di un leader che ricandida il rinviato a giudizio per mafia e magari non ricandida quello che ha denunciato le pressioni". L'esponente Udc s'infuria e sferra il suo attacco: "Quello che dici è inaccettabile. Vediamo quale criterio userete nella vicenda Unipol. Perché il criterio lo si usa a seconda alle conseguenze".
E stavolta è D'Alema ad alzare la voce: "Caro Pier Ferdinando Casini, il presidente di Unipol, accusato di cose meno gravi di mafia, si è dimesso. Era solo indagato e si è dimesso un secondo dopo. Voi candidate la gente rinviata a giudizio. Silenzio! Ha dato una lezione di stile. Hai capito?". Tra applausi scoscianti del pubblico, Casini che replica immediatamente: "Io non accetto alcuna lezione su questo, perché non sei in grado di darla, caro Massimo. Non posso accettare che tu possa emettere delle sentenze in casa altrui". L'esponente di sinistra punta l'indice contro il centrista: "Così tu rimetterai in posizioni istituzionali persone del genere".
"Tu ,di quello che farò io, non puoi dire nulla, perché le liste in casa mia le faccio io, non tu". Nel pieno dell'escalation dei toni, Floris si mette in mezzo e lancia a schiaffo la pubblicità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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