CASA FINI, ATTO SECONDO

"L’Espresso" conferma con nuove carte che "il Giornale" aveva ragione: l’appartamento era del cognato del presidente della Camera. Stavolta si dimetterà?

Fini ha casa, a con l’acca, ma anche Fini a casa, senz’acca. Lo aveva giurato lui: se provano che la casa di Montecarlo è di mio cognato, mi dimetto. Bene, noi le pro­ve le avevamo già portate tutte con un’inchiesta giornalistica sul campo pilotata dal nostro Gian­marco Chiocci che meriterebbe una medaglia. Ma Fini, ricorderete, non fu di parola e restò al suo po­sto nonostante l’evidenza. Non contento, lui e i suoi sodali cercarono di farci passare come una «mac­china del fango», tesi che trovò non pochi consensi in nostri colleghi (alcuni anche illustri, vero Gad Lerner?) imbolsiti, invidiosi e soprattutto in malafe­de. Bene, a distanza di due anni, dalle carte seque­strate per un’altra inchiesta giudiziaria, che L’espressopubblicherà sul prossimo numero,c’è la prova definitiva che noi del Giornale avevamo ra­gione e che Fini ha mentito ai suoi, al Paese e ai colle­ghi della Camera: dietro la società offshore che ac­quistò la casa di Montecarlo, svenduta da An, c’era Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, moglie di Fini.

Quindi, caro presidente della Camera, è vero che fango c’è stato, ma non era il nostro. Era il suo. Ha negato, mentito, depistato, è stato spergiuro, quin­di ha infangato lo scranno della terza carica dello Stato sul quale lei siede da abusivo, in quanto eletto da una maggioranza, quella di centrodestra, che ha tradito, rinnegato e osteggiato in spregio ai basilari doveri istituzionali. Lei presidente non solo ha falli­to come politico, non solo si è prestato ai torbidi gio­chi della sinistra per scalzare il governo Berlusconi, non solo ha tramato nell’ombra, non solo è stato scaricato pure da Casini e Rutelli, ma cosa più im­portante ha umiliato i militanti di An, i compagni di partito, ha sfasciato una storia politica importante, e con le sue bugie da quattro soldi ha fatto perdere l’onore a una bandiera, quella tramandata dal Msi di Almirante, che meritava ben altro destino. Ora abbia almeno il coraggio di chiedere scusa, anche a noi, di rimangiarsi querele e minacce, di ritirarsi a vita privata, magari insieme al suo inutile (e danno­so) amico Bocchino e al suo avvocato Bongiorno. Con i vitalizi che incasserete non vi mancheranno gli spiccioli e forse neppure gli euro per completare l’arredamento di Montecarlo con tre sedie a dondo­lo e godervi finalmente la Costa Azzurra. Paghere­mo noi, come sempre, ma tra i tanti soldi che ci ave­te fatto buttare al vento, saranno questi i meglio spe­si.

E magari, tanto per onore di verità, la Procura di Roma potrebbe riaprire un’inchiesta giudiziaria chiusa in modo frettoloso con l’archiviazione di un caso che invece ha ancora molto da raccontare, e che soprattutto non va dimenticato sotto elezioni.

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