Nessun passo indietro sulla direttiva green sulla casa dell'Unione europea, semmai solo un aggiustamento in corso d'opera prorogando i termini e alzando gli obiettivi di classe da raggiungere senza però modificare l'impianto generale e le sue problematiche. I gruppi politici dei Popolari (Ppe), Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra al Parlamento europeo, hanno raggiunto un accordo che prevede classi energetiche più alte da raggiungere entro il 2030 e il 2033 per gli edifici residenziali, cioè la E e la D al posto della F e della E proposte dalla Commissione europea. Ciò significa che la struttura della direttiva rimane confemata anche se, nell'accordo sugli emendamenti di compromesso, si prevedono più fondi per sostenere le ristrutturazioni energetiche. In cosa consistano questi fondi è presto per dirlo, così come le modalità per accedervi, di certo, se dovesse essere confermata l'obbligatorietà dell'efficientamento energetico delle case, si aprirebbe una partita con conseguenze economiche e sociali enormi.
Tra le altre modifiche suggerite dagli eurodeputati, c'è la possibilità per i Paesi membri di esentare dagli obiettivi, almeno in parte, l'edilizia sociale, qualora la ristrutturazione implicasse un eccessivo aumento degli affitti. Gli Stati dovrebbero poi indicare nei loro Piani nazionali di ristrutturazione obiettivi di riduzione della povertà energetica e quale quota dei finanziamenti di coesione, del Pnrr e del Fondo Sociale per il clima sarà utilizzata per le riqualificazioni.
Le criticità della direttiva sono ormai note: dal costo per i proprietari di case (la maggioranza degli italiani) attraverso una patrimoniale mascherata fino all'impossibilità di un efficientamento energetico totale alla luce del patrimonio immobiliare italiano costituito da case con decenni (quando non secoli) di storia alle spalle.
La lettura portata avanti dalla sinistra europea e, ultima in ordine di tempo, da Elly Schlein, secondo cui la direttiva rappresenta “un'opportunità”, si scontra con lo stato delle cose sia per i costi delle ristrutturazioni sia per l'impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati come spiegano i rappresentanti dell'associazione dei costruttori Ance: “nel periodo 2017-2019 abbiamo ristrutturato mediamente 2.900 edifici all'anno, sono necessari quindi 630 anni per raggiungere il primo step della direttiva Ue e 3.800 anni per arrivare alla decarbonizzazione completa degli edifici”.
Ancor più dura la lettura di Confedilizia con le parole del presidente Giorgio Spaziani Testa: "Il testo che sarà posto in votazione il prossimo 9 febbraio nella Commissione industria del Parlamento europeo, modificato o meno per effetto delle riunioni notturne di questi giorni, provocherebbe in Italia effetti devastanti (le ragioni sono ormai a tutti note e non le ripetiamo). C'è una settimana per difendere il risparmio di milioni di famiglie italiane, la bellezza del nostro patrimonio edilizio e la libertà dei Paesi europei di individuare le proprie esigenze e stabilire le proprie priorità (l'Italia, ad esempio, ha maggiore urgenza di favorire gli interventi di miglioramento sismico, che l'approvazione di questa direttiva impedirebbe di sostenere adeguatamente). Alle parole seguano i fatti".
Nonostante queste problematiche, invece di
prendere una pausa di riflessione e realizzare una revisione totale della misura, l'Ue sembra determinata ad approvare la direttiva green che rappresenterà, ancora una volta, una stangata soprattutto per i cittadini italiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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