La Cassazione apre: "Nessun accanimento possibile un rinvio"

Il presidente della Suprema corte Santacroce dopo le polemiche sul caso Mediaset: "Nulla vieta di ricalcolare i tempi di prescrizione"

La Cassazione apre: "Nessun accanimento possibile un rinvio"

Roma - Macché atto ostile della Cassazione verso Silvio Berlusconi. «Nessun accanimento - assicura il primo presidente della Suprema Corte - è stato trattato come qualunque imputato in un processo con imminente prescrizione». Giorgio Santacroce lancia un segnale distensivo, ma respinge con decisione gli attacchi per la fissazione lampo al 30 luglio dell'udienza del processo Mediaset.
In mattinata, una nota della Cassazione ha spiegato che la maturazione della prescrizione per uno dei reati contestati al Cavaliere «sarebbe potuta cadere» il primo agosto e, per «doverosa prassi», i giudici hanno fissato il processo sui diritti tv prima di quella data.
Al plenum del Csm, in cui Santacroce siede come membro di diritto, il primo presidente legge questa spiegazione dopo la domanda di un consigliere. «Compito fondamentale del giudice - sottolinea - è quello di non far prescrivere i processi: la Cassazione si comporta normalmente così».
La data del primo agosto, però, non sembra sicura. L'articolo del Corriere della Sera, che ha lanciato l'allarme il giorno stesso in cui al Palazzaccio hanno fissato l'udienza, parlava del 13 settembre. Ma «nulla vieta», spiega Santacroce, alla sezione feriale di ricalcolare la prescrizione e, «nella sua discrezionalità e su istanza della difesa, disporre un rinvio».

Nel caso del processo di Berlusconi, insomma, non ci sarebbe stato «nessuno zelo particolare, nessun atteggiamento da Speedy Gonzales». Eppure, parlando con i giornalisti, il primo presidente conviene che i riflettori accesi su una vicenda giudiziaria che pesa fortemente sul quadro politico non si possono ignorare. Come le pressioni, anche contrastanti, da quelle della procura di Milano che il primo luglio ha segnalato con un fax alla Cassazione l'imminente rischio prescrizione, all'attenzione dell'opinione pubblica e delle forze politiche. Così, lo stesso Santacroce quasi giustifica la scelta dei colleghi: «Se si fosse lasciato correre - dice - ci sarebbero stati attacchi dall'altra parte». Si è agito così «anche per evitare responsabilità disciplinari». E conclude: «Comunque noi siamo sempre colpiti, sia se i processi hanno tempi biblici, sia se sono rapidi».
Nel plenum c'è almeno un consigliere che non sembra convinto da queste spiegazioni. Il laico del Pdl Bartolomeo Romano si complimenta ironicamente con la Cassazione, per «aver fissato in tempi rapidissimi, rispetto agli usuali, un processo che ha già avuto un'accelerazione negli ultimi passaggi» e si augura che si tratti di «una svolta nella prassi» della Corte. Certo è «singolare», aggiunge, che tutta la magistratura abbia rifiutato la riforma del processo breve, perché «tempi così rapidi non potevano essere rispettati».

Ai giornalisti che gli chiedono delle critiche del centrodestra, Santacroce parla di «linguaggio poco consono a una democrazia» e replica al legale di Berlusconi, Franco Coppi, che si è detto «esterrefatto» per la sospetta rapidità della Cassazione: «Non c'è nessuna ragione per sentirsi esterrefatti».
Eppure, il grande penalista non è l'unico a sottolineare che «tanta fretta non si era mai vista in Cassazione», come dice l'avvocato Titta Madia.

Cassazionista di lungo corso, non è parte in causa nel processo Mediaset e spiega: «In tanti anni di professione, non è mai capitata una cosa del genere», salvo che «per un detenuto in scadenza di termini, allora sì che c'è una procedura di assoluta urgenza».
Quanto ai contatti tra gli uffici giudiziari, Madia dice: «Troverei anomalo che qualcuno dalla Corte d'Appello di Milano telefoni al presidente della Cassazione. Normalmente i magistrati comunicano con gli atti».

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