Il Cav dà il via libera a Renzi. Sulle riforme ormai è fatta

Il presidente del Consiglio: "Intesa a un passo". Affidato a Verdini il compito di appianare le ultime divergenze. Nuove tensioni con Fitto

Il Cav dà il via libera a Renzi. Sulle riforme ormai è fatta

Avanti con le riforme senza se e senza ma. È vero che il Cavaliere srotola la bandiera del presidenzialismo e parte lancia in resta per una grande campagna referendaria sul tema. La proposta, buttata con forza sul tavolo delle trattative, ha il suo peso politico. Ma la carta «presidenzialismo» non va letta come un aut aut; non è il grimaldello con cui, di fronte a un eventuale «niet» di Renzi, scardinare il patto col premier. La trattativa sulle riforme istituzionali prosegue quasi «a prescindere» dal cammino dell'elezione diretta del capo dello Stato. Tanto che è lo stesso premier Matteo Renzi in serata a ribadire ai suoi che «siamo a un passo dalla chiusura» dell'accordo sulle riforme.

Ecco che, quindi, la mossa del rilancio del presidenzialismo ha più un effetto interno: ossia cercare di riaggregare i moderati su un tema caro a forze politiche destinate a tornare assieme in futuro: Fdi, Ncd, Fi e in parte la Lega. Il presidenzialismo, poi, è un ingrediente in più messo sul piatto delle riforme che Renzi, più volte, ha dichiarato di poter e voler digerire senza problemi. È vero che pezzi di Pd avranno difficoltà ad accettare l'elezione diretta del capo dello Stato ma, in fondo, questi «sono problemi loro».

Al di là della percezione di un partito senza bussola che un giorno sembra strappare l'accordo col premier e l'altro ricucirlo, Berlusconi in privato ripete quello che ha detto in chiaro anche ieri alla Camera: «Siamo all'opposizione di un governo di sinistra ma siamo responsabili. Fino ad ora abbiamo mantenuto gli impegni presi e siamo pronti a farlo anche in futuro». Certo, i nodi restano. Il più macroscopico è legato al sistema di elezione dei nuovi senatori perché «non possiamo votare un testo che rende il Senato un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali in gita a Roma». Ma anche su questo punto il Cavaliere è ottimista e ripete «vedrete, troveremo la quadra». A lavorare alla soluzione del rebus apparentemente c'è il capogruppo al Senato Paolo Romani che si interfaccia con il ministro Boschi. Ma i due sono i «ratificatori» del lavoro di altri. Il vero deus ex machina è Denis Verdini che continua ad avere un canale privilegiato con il presidente del Consiglio in persona. Qualora, poi, i due non dovessero trovare la quadra, allora scenderebbe direttamente in campo Berlusconi con un faccia a faccia premier-ex premier.

Di fatto tutti descrivono il Cavaliere come «moderato, responsabile, pronto all'accordo». Un Berlusconi desideroso di apporre la firma in calce all'atto di nascita della Terza Repubblica e per questo meno incline a seguire chi, nel partito, ha atteggiamenti molto più allergici nei confronti del premier. Tanto che qualcuno maligna: «Sulle riforme è molto più vicino a Romani che a Brunetta». Sensibilità differenti tra chi pensa che l'abbraccio a Renzi sarà mortale e chi sostiene che se l'avversario è più forte va abbracciato come nella boxe.

Intanto in Forza Italia non finiscono le tensioni tra Fitto e Toti. Ultimo casus belli è il tour che l'ex ministro ha pianificato in tutt'Italia. Il 27 giugno sarebbe stata la volta di Milano ma, proprio per quel giorno, Toti aveva organizzato un incontro, sempre a Milano, all'Old Fashion. Risultato: una sovrapposizione come già capitato per le kermesse di Napoli. Anche questa volta Fitto replica piccato: «Dopo la notizia di una mia iniziativa pubblica, giunge puntuale (stessa città, stesso giorno, stessa ora!) la convocazione di un altro appuntamento pubblico organizzato da altri colleghi di partito».

E anche questa volta Fitto annulla la sua tappa: «Non intendo dare occasione per rappresentare il nostro partito diviso e rissoso. Con pazienza e senso di responsabilità, decido di rinviare il mio appuntamento, per risparmiare ai nostri elettori uno spettacolo che non meritano».

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