Il Cavaliere ferma la truffa: sulle tasse non accetto ricatti

Berlusconi prende la decisione più sofferta dopo l’ultimatum di Letta: "Volevano farmi votare l’aumento delle imposte, ma non lo farò mai"

Il Cavaliere ferma la truffa: sulle tasse non accetto ricatti

La decisione è sofferta ma matura nel primo pome­riggio. Stop. Il ricatto di Letta, avallato da Napolitano, non può essere accettato. «Co­me faccio a dire ai miei elettori chesonod’accordoadaumenta­re le tasse? Non possono chieder­mi anche questo », scuote la testa l’ex premier. Alla vigilia del suo settantasettesimo compleanno, che cade oggi, arriva una delle de­cisioni più importanti e gravi del­la sua vita politica. Nessuna fe­sta, nessun entusiamo per il Ca­valiere. Il quale sa che il momen­to è­difficile ma non vede più alter­native. Gli stanno chiedendo di sottoscrivere l’au­mento dell’Iva op­pure, per riman­darlo di qualche mese, l’aumento della benzina. «No, non posso. Questo proprio non me lo posso­no chiedere ». Da­vanti al Cavaliere, la figlia Marina, il coordinatore Pdl Sandro Bondi e Niccolò Ghedini. La goccia che fa traboccare il vaso definitivamente è il duello sul fisco.

«Letta vuole met­termi con le spal­le al muro e farmi votare l’aumento delle tasse? Non lo farò mai. Mai».

Per il Cavaliere si tratta di rinnega­re sé stesso. Im­possibile. Il tutto in un contesto drammatico in cui,più passano le ore, più s’avvi­cina il redde rationem : decaden­za, arresti domiciliari o servizi so­ciali, fine dello scudo, procure pronte al colpo di grazia. Il tutto senza che il capo dello Stato e/o il premier abbiano finora mosso un dito per frenare la furia politi­camente omicida del Pd. Questo è troppo. Il Cavaliere serra le mandibole sinceramente dispia­ciuto per la decisione che sta per prendere. «Sono stato responsa­bile, ho fatto più d’un passo indie­tro, ho cercato la pacificazione, ho votato governi retti da perso­ne estranee al mio partito, ho vo­tato Napolitano e adesso mi chie­dono di rinnegare me stesso? Non posso». E tra una settimana arriverà il plotone d’esecuzione della giunta del Senato.

Fine delle larghe intese. A nul­la valgono le stampate delle agen­zie che gli piombano sul tavolo. Napolitano ha appena parlato di amnistia e indulto ma per il Cava­liere sono parole al vento. Un po’ perché tecnicamente la sua con­dizione non muterebbe di una virgola: l’amnistia potrebbe non riguardare i reati di frode fiscale; ci vorrebbe l’ok dei due terzi del Parlamento; passerebbero mesi e mesi; l’indulto non estinguereb­be le pene accessorie. Certo, qualcuno cerca di convincerlo che, al di là dei tecnicismi, si trat­ta sempre di un segnale, di una sorta di apertura, di una mossa di disgelo. Ma il grande freddo cala­to tra Berlusconi e il Quirinale ha toccato picchi troppo elevati e l’ultima uscitasull’amnistia è vi­sta come l’e­nnesima finta e pseu­do carezza accanto all’ultimo ve­ro e ultimo schiaffo subito: la li­nea concordata con Letta di por­tare in Parlamento un aut aut da far digerire ai moderati, proprio sul fronte fiscale. «Questo è trop­po » ha ripetuto Berlusconi pri­ma di chiamare Angelino Alfano e avvertirlo che - a questo punto­era meglio aprire la crisi. Dimis­sioni richieste, dimissioni ricevu­te nel giro pochi minuti. I due con­co­rdano via telefono la nota dira­mare a tutti. Poi Angelino s’inca­rica di avvisare Letta della decisione presa mentre Berlusconi chiama gli altri big del partito e li avvisa che «il dado è tratto». Già in mattinata, a dispetto del­le voci che raccontavano di una sorta di frenata del treno lanciato in corsa che portava allo strappo, i margini di trattativa erano finiti. Berlusconi in cuor suo era già convinto almeno da ieri. A scelta fatta, il Cavaliere scrive il comuni­cato, poi s’infila in un altro incon­tro arcoriano con Denis Verdini, Daniela Santanchè e l’ex mini­stro Anna Maria Bernini. Si discu­te su come organizzare al meglio la manifestazione di venerdì prossimo, a piazza Farnese, a Ro­ma.

La kermesse «Siamo tutti de­caduti », che si svolgerà in conco­mitanza con la decisione della giunta del Senato con la quale il centrosinistra si appresta a but­tar fuori dal Parlamento l’eterno nemico, man mano che passano i minuti, assume sempre più i contorni dell’apertura della cam­pagna elettorale. Sempre che non nasca un nuovo governo. Ma Berlusconi l’ha messo in con­to. «Ci provino pure...», gli dico­no i suoi interlocutori.

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