"Ci pagano il futuro". Ma i numeri smentiscono la sinistra sui migranti

La narrazione progressista sui migranti omette i dati sulle rimesse, ovvero i soldi mandati nei Paesi d'origine, e sulla reale capacità di contribuzione

"Ci pagano il futuro". Ma i numeri smentiscono la sinistra sui migranti
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"Senza di loro non avremo futuro". "Ci pagheranno le pensioni, dovremmo ringraziarli". Con queste e altre motivazioni del tutto analoghe, la sinistra ha sempre sostenuto la necessità accogliere i migranti a braccia e confini aperti, come una risorsa indispensabile per la nostra economia. Secondo queste tesi, rilanciate dai progressisti come verità assolute e inconfutabili, il nostro Paese avrebbe infatti bisogno di quegli stranieri per sopravvivere e per garantire uno straccio di welfare alle giovani generazioni. Mentre le suddette argomentazioni continuano a riecheggiare, sono però i numeri a smentirle e a delineare una versione ben diversa della realtà.

La narrazione pro-migranti della sinistra, difatti, omette sempre di menzionare il significativo dato riguardante le rimesse, ovvero lo strumento principale attraverso cui i migranti internazionali contribuiscono allo sviluppo dei Paesi d’origine. Si tratta, spiegato in altre parole, di soldi che non rimangono in Italia e che non contribuiscono di conseguenza alla nostra economia. Ebbene, secondo elaborazioni fornite recentemente dalla fondazione Leone Moressa, sulla base di dati della Banca d'Italia, il volume complessivo delle rimesse nell'ultimo anno potrebbe oscillare tra 9,4 e 11,9 miliardi, considerando anche le rimesse "invisibili", rappresentate ad esempio da contanti consegnati a mano, da invio di regali o da ricariche telefoniche.

Negli anni, questo flusso di denaro verso l'estero è cresciuto a fasi alterne e di recente ha registrato un ulteriore balzo verso l'alto. Dai 3,9 miliardi del 2005, le rimesse sono raddoppiate fino ai 7,5 miliardi del 2011 per poi calare ai 5 miliardi del 2016. Il dato è poi progressivamente risalito fino agli 8 miliardi. Secondo i numeri riferiti al 2023, i fondi inviati dai migranti ai loro Paesi d'origine provengono per la maggior parte da cittadini del Bangladesh, seguiti da Pakistan, Filippine e Marocco. Oltre un quinto delle rimesse parte dalla Lombardia (1,8 miliardi). Al secondo posto, la regione Lazio (1,2 miliardi).

"Io non ho mai creduto alla bella favoletta delle sinistre secondo cui il lavoro degli immigrati sarebbe indispensabile per pagare le nostre pensioni e per trainare la nostra economia. Ma ora questo teorema, costruito ad arte per convincere italiani che l'emigrazione di massa sono soltanto una risorsa e non un problema, inizia a fare acqua da tutte le parti", ha commentato l'eurodeputata leghista Isabella Tovaglieri, che sui social ha rilanciato questi dati per sottolineare come siano i numeri - e non le parole - a sconfessare il racconto progressista sulle migrazioni salvifiche per l'Italia.

Sempre stando ai dati, anche la capacità di contribuzione di chi è arrivato in Italia sarebbe tutto sommato modesta rispetto al totale. Gli stranieri infatti versano all'Irpef solo il 5,9% pur rappresentando il 10% dei lavoratori. Numeri che ridimensionano la narrazione secondo cui gli stranieri ricoprirebbero, grazie al loro lavoro, un ruolo essenziale per il rimpinguamento delle casse pubbliche e per il funzionamento dei servizi di cui usufruisce la collettività.

"Fatti i conti, insomma, il contributo dei lavoratori stranieri al sistema del welfare non solo è modesto e non risolutivo ma è anche destinato a tornare interamente nelle mani dei diretti interessati, oggi sotto forma di sussidi e domani con la pensione.

Quindi sostenere che saranno loro gli unici a garantire il futuro dell'Italia e che occorra aprire le porte in modo discriminato nel nostro esclusivo interesse è frutto o di ignoranza o di malafede", ha quindi osservato e concluso l'europarlamentare leghista Tovaglieri.

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