Il caso Striano continua a tenere banco sulle cronache. Anzi forse dovremmo dire che continua a tenere banco solo su alcuni giornali, visto che la gran parte dei quotidiani se ne occupa a fastidio solo quando le notizie sono troppo grosse per essere ignorate. Parliamo della Dna, della centrale Sos, del “verminaio” di accesi abusivi ad informazioni riservate provenienti dalla Banca d’Italia, di quel “mercato delle informazioni” su cui indaga la procura di Perugia col pm Raffaele Cantone e che tanto ha scandalizzato anche Giovanni Melillo, oggi procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
Ieri se ne è discusso diffusamente a Quarta Repubblica, avendone Nicola Porro fatto una sorta di battaglia giornalistica. Perché Striano operava così tanti accessi "abusivi" all’archivio? E perché a finire nel mirino sono quasi sempre esponenti di centrodestra? Ci sono dei mandanti? È normale che le informazioni, riservate, spulciate tra le Sos finissero poi su alcuni giornali, come denunciato - per primo - dal ministro Guido Crosetto? E ancora: è opportuno che Cafiero De Raho, ieri difeso a spada tratta da Giuseppe Conte, sieda ancora nella Commissione che indaga sullo scandalo benché fosse lui il “capo” di Striano alla Dna prima di diventare parlamentare del M5S? Sono queste alcune delle domande che si sono posti in studio Stefano Cappellini, Alessandro Sallusti, il conduttore e l’inviata Lodovica Bulian. Ma a sorprendere è soprattutto la dichiarazione di Paolo Mieli, storico e giornalista, già direttore del Corriere della Sera, che pure nelle prime ore dell’inchiesta sulla centrale di spionaggio era convinto che tutto sarebbe finito a pizza e fichi. Cioè nel nulla. Un po’ come la fantomatica “Loggia Ungheria”.
Dopo aver fatto “mea culpa”, Mieli lancia un allarme: “Questa è una storia gigantesca e quello che conosciamo solo solo piccoli indizi. È la storia di una centrale che fa dossier su tutti, anche sulla sinistra, e si tiene pronta su chiunque. Nn sono né i servizi, né i magistrati: è una centrale che ha imparato da Mani Pulite, ha usato degli strumenti in parte giudiziari e in parte dei servizi, e molla queste cose in vari modi”. Dai dettagli più irrilevanti, che finiscono ai giornali per “vedere quanto è identificabile”. A documenti ben più scottanti di cui fa altro uso. Porro a quel punto domanda: “Tu pensi che nei cassetti ci sia molta più roba?”. Risposta affermativa: “Tutta l’estate del 2024, compreso il sospetto di Sallusti su Arianna Meloni, compreso l’affare Boccia-Sangiuliano, hanno tutti dei riferimenti individuabili in questa centrale. E sono individuabili nei tempi e nei modi”.
Paolo Mieli dice e non dice. Ma è sicuro che ci sia un filo rosso che lega tutte queste storie. “L’unico ad aver portato tutto allo scoperto è Corsetto, il che li ha spaventati”. Ma chi? Chi sono “loro”? L’ex direttore del Corriere sostiene di non saperlo: “Non sono un giornalista cospirativo, non penso che ci sia un capo e che siano di destra o di sinistra. Ma hanno dossier su tutti”. Di più: “Quello che si capisce tra le righe dei giornali è che esistono documenti su tutti. Violante citava la P2, io potrei citare il caso Sifar: c’è una costruzione che si ripropone nella storia dell’Italia e ci sono dei tipi che trovano convenienza in questo”. Già, perché chi conosce queste informazioni conquista in automatico “il potere” di definire la politica nazionale. “Il potere è loro - conclude Mieli - perché ti sfiancano: decidono che è il momento in cui devi essere indebolito e ti fanno il servizietto”. Da quanto opera questo gruppo? “Da molto tempo, più o meno dal 2007, per tutti gli anni successivi con i governi pasticciati e di unità nazionale, questa cosa ha lavorato e accumulato e adesso è molto potente.
E solo grazie a Cantone si sta andando avanti. Altrimenti rimarrebbe operativa e sarebbe quasi inutile votare: infatti, appena si crea una maggioranza ti danno una sistemata che te la ricordi… E subito si torna a parlare di governi di unità nazionale”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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