Per capire come mai negli uffici Onu stia montando l’irritazione per la sortita politica dell’inviato Onu nel Sahel, Romano Prodi, occorre risalire sul palco in piazza Duomo a Milano, domenica, e riavvolgere il nastro del comizio. Che Bersani definisce «a sorpresa». «Prodi - spiegava ieri il segretario Pd- è arrivato dall’Africa e gli è venuta voglia di dire “state uniti”. Ho capito che è un incoraggiamento, ha detto “vado su a dire qualcosa, poi torno a fare il mio lavoro”».
Ma il problema è proprio quello, il suo lavoro. Poco conciliabile con l’intervento politico alla manifestazione milanese pro Ambrosoli e Bersani: l’uomo arrivato dall’Africa, dai comizi ormai dovrebbe, suo malgrado, astenersi. Non lo dice la cattiva stampa. Lo impongono le regole dettate dalle Nazioni Unite per gli incaricati internazionali. Quelli come Prodi, quindi, che il 9 ottobre scorso Ban Ki- moon ha nominato inviato speciale nel Sahel. In questa veste, col suo comizio milanese, Prodi ha infranto i dettami del documento Onu (ST/SGB/2002/13)che impone il codice di condotta per funzionari e incaricati. In particolare il paragrafo 44, secondo il quale «è necessario per i funzionari internazionali esercitare discrezione nel proprio supporto a una campagna o a un partito politico», e chi ha un incarico come quello di Prodi non dovrebbe «accettare o sollecitare finanziamenti, scrivere articoli, fare discorsi pubblici o rendere dichiarazioni alla stampa». Fare discorsi pubblici. Sembra così evidente che l’accorato comizio prodiano non sia propriamente in linea con quando richiesto al suo status di inviato delle Nazioni Unite.
Anche il paragrafo 1.2F, per dirne un altro, invita gli incaricati a «evitare ogni azione e, in particolare, ogni tipo di dichiarazione pubblica che potrebbe ripercuotersi negativamente sul loro status, o sull’integrità, indipendenza e imparzialità che sono richieste da quello status ». Il che, ovviamente, non vuol dire che Prodi non debba votare, o che il suo cuore non debba battere per il Pd. Solo che potrebbe- dovrebbe- astenersi dal salire su un palco per plaudere alla «serietà» di Bersani, dicendogli che «ci porterai tra una settimana alla vittoria». Di certo, non c’è ambiguità sul contenuto politico dell’intervento dell’ex numero uno dell’Ulivo. Che già in un’intervista pubblicata domenica sul Sole 24 Ore s’era rimesso i panni da leader, difendendo l’«alleato» Vendola e criticando gli ultimi mesi di governo dell’«avversario » Monti. Poi rieccolo sul palco, a sponsorizzare Ambrosoli e ricordare con sobria terzietà che «nelle elezioni si gioca il nostro futuro », che «la squadra resterà unita», perché «abbiamo imparato la lezione», e perché «la squadra è fatta da uomini diversi dal passato». Tranne lui, che Onu o no, sembra essere ancora nella rosa di questa squadra.
Ma al Professore bolognese non è venuto in mente che le interviste alla stampa, le dichiarazioni pubbliche, i comizi, insomma la partecipazione attiva all’ultima fase della campagna elettorale del Pd, per quanto gradite a Bersani potessero confliggere con il suo nuovo incarico, con «l’indipendenza e l’imparzialità» che le Nazioni Unite richiedono ossessivamente nel citato codice di comportamento? Verrebbe da pensare che no, il dubbio non l’abbia sfiorato. Poi però basta guardare il sito web del professore, dove il suo faccione sorridente campeggia circondato dai vessilli dell’Onu e dell’Ue, per capire che quelle regole del suo nuovo «datore di lavoro» Prodi le conosce.
Il 9 febbraio, per esempio, pubblica un post dal titolo eloquente («Il mio incarico Onu è la mia unica priorità e un modo per servire il mio Paese e l’Europa») per stigmatizzare il «chiacchiericcio irrispettoso» che lo associa al Quirinale. Irrispettoso perché, spiega Prodi, l’«incarico gravoso presso l’Onu per il Sahel» è «l’unica mia priorità dopo l’uscita dalla politica nazionale», tanto da «smentire nel modo più categorico ogni notizia o chiacchiera » che attribuisca all’ex premier «interessi diversi»da quelli dell’Onu. Anche il comizio di 8 giorni dopo, dunque, è da smentire.Forse è solo un’allucinazione collettiva.
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