Crisi, altro che tagli Aumento Iva inevitabile

Fonti del governo preoccupate: spending review bloccata, possibile un piano soft di soli 5-7 miliardi di risparmi

Crisi, altro che tagli Aumento Iva inevitabile

RomaSe l’obiettivo resta quello di scongiurare un nuovo aumento dell’Iva allora è una mission impossible, ammettevano ieri fonti del governo. Tradotto, la spending review arranca, le pressioni politiche, dentro e fuori dal governo, sono pesanti, tanto che ieri si è scelta la via «soft»: un primo decreto con tagli da 5-7 miliardi di euro, in attesa di un nuovo provvedimento di tagli e risparmi. Rimangono da definire i capitoli più spinosi, in particolare il pubblico impiego e giustizia, mentre è definito il piano per la sanità. Ma l’aumento dell’imposta sui consumi ai più sembra inevitabile, anche per compensare il gettito in calo a causa della crisi e (paradosso della politica economica d’emergenza) anche dei precedenti aumenti delle imposte. L’ipotesi più probabile è quella che circola da un paio di giorni: un aumento di un punto percentuale, non due, e a partire dal 2013, non dall’autunno come previsto. Le due aliquote principali resterebbero al 21% e all’11% fino a gennaio (salvi gli acquisti di Natale) e poi scatterebbero gli aumenti di un punto. Al 22% sulla gran parte dei beni, contro il 23% previsto a norme vigenti.

Scenario che non piace a nessuno. Neppure al presidente del Consiglio che ieri, alla presentazione di un libro del ministro Andrea Riccardi, è apparso più preoccupato del solito. «C’è un’impazienza per l’azione politica per cui oggi sembra pagare solo ciò che abbia e dia effetti immediati». Discorso molto generale sull’occidente, ma è facile leggerci una giustificazione preventiva a una spending review che l’opinione pubblica potrebbe considerare troppo blanda. Per il premier è a rischio la democrazia. «Siamo portati a dire un po’ per volta che la democrazia parlamentare non è più in grado di dare risultati, mentre il sistema cinese, fondato sul mercato ma non sulla democrazia, ha la possibilità di generare risultati di lungo periodo». Lode alle scelte concertate, fatta alla vigilia dell’incontro con i sindacati che si annuncia molto impegnativo.

Dipende dagli incontri di oggi la tempistica della spending review. Ad esempio, quando fare partire i prepensionamenti nel pubblico impiego e anche altre misure minori come il taglio ai buoni pasto per gli statali. Gli obiettivi sulla riduzione dell’organico restano 10% in meno di dipendenti e 20% di dirigenti. All’inizio dovrebbero essere coinvolti solo 10 mila lavoratori. Almeno così vorrebbe il ministro Filippo Patroni Griffi, ma sono pochi. Per gli statali in esubero non ricollocabili potrebbe scattare la mobilità per due anni (con l’80% dello stipendio). Contrari i sindacati e, paradossalmente, la Ragioneria dello Stato che non vuole deroghe alla riforma previdenziale. Resta in campo anche un congelamento delle tredicesime dei dipendenti pubblici, che era stato escluso nei giorni scorsi. Altra ricetta che non va giù al ministro. Non meno difficile usare le forbici nei tribunali. Ieri i responsabili giustizia dei partiti hanno incontrato il ministro Paola Severino per ratificare l’intesa raggiunta una settimana fa, che invece è saltata. Il piano prevede la chiusura di più di 280 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, e sezioni distaccate, attraverso accorpamenti che riguarderebbero tutte le 220 sezioni distaccate e una forbice compresa tra 32 (l’ipotesi allo stato più probabile) e 36 tribunali.

Confermate le anticipazioni sulla sanità. La cifra dei risparmi dovrà alla fine aggirarsi attorno agli 8,5 miliardi di euro in tre anni: un miliardo quest’anno, circa 3 miliardi nel 2013 e oltre quattro miliardi nel 2014. Ancora da combattere anche la partita con gli enti locali. Oggi incontreranno il premier Monti dopo i sindacati.

E anche loro cercheranno di ridurre la portata dei tagli, a partire da quelli alla spesa sanitaria, ma anche al trasporto locale (i governatori temono che il governo non paghi più 1,6 miliardi, promessi). Tutti problemi in cerca di una soluzione. A meno che non si scelta la strada più semplice: quella di un altro aumento dell’Iva.

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