Dal cuneo fiscale alle pensioni: ecco i buchi neri della manovra

Il governo non trova ancora l'equilibrio: il taglio Irap incide poco, ai lavoratori andranno solo briciole (appena 14 euro al mese). E rimane il contributo del 3% sopra i 300mila euro

Dal cuneo fiscale alle pensioni: ecco i buchi neri della manovra

Un coro quasi unanime: le misure sono «insufficienti». Il governo cercava la svolta con la legge di Stabilità e aveva caricato il provvedimento autunnale di aspettative forti. Ma il risultato sembra molto una finanziaria old style. Un perfetto lavoro di equilibrio tra esigenze di interessi (organizzati) diversi, se non opposti. Lavoro di cesello da Prima Repubblica - con mediazioni a quanto pare ancora in corso, visto che il testo della legge ieri non era ancora pronto - che ha sicuramente il pregio di tenere insieme tutte le anime del governo su un minimo comune denominatore, ma alla fine risulta poco efficace. E presenta diverse zone d'ombra.
Quelle macro, segnalate ieri da tante associazioni di categoria e da una bella fetta di politica. Ma anche misure meno visibili perché di settore, comunque stonate rispetto allo spirito del governo delle larghe intese.
Per i lavoratori poco. La riduzione del cuneo fiscale, stimata dalla Cgia di Mestre è di circa 14 euro al mese. Al massimo otto euro, secondo i calcoli di Confesercenti, peraltro a beneficio esclusivo del 38% dei lavoratori. Fuori incapienti, pensionati e, chiaramente, gli autonomi. Sono 16 milioni le persone che potranno permettersi un caffè ogni due/tre giorni. Di sicuro non rilanceranno i consumi.

Sul versante delle imprese, non si fa calare il costo del lavoro. La riduzione Irap in quota lavoro, ha una cifra da prefisso internazionale («0,04 miliardi», si legge nel comunicato). La parte di cuneo che va alle aziende non supera il miliardo. «Modesta entità degli importi e polverizzazione degli interventi», sintetizzava ieri Rete imprese italia. Giusta la direzione - questo il leit motiv delle analisi della legge -, poco il coraggio.
Colpa delle risorse scarse. Vero. Ma questo è un altro punto oscuro. La riduzione del cuneo, 1,5 miliardi nel 2014, sembra essere realizzata in deficit. La crescita per il prossimo anno nelle previsioni ufficiali è con tutta probabilità sovrastimata. Il governo prevede un più uno per cento, quando gli istituti di ricerca più affidabili stimano uno 0,7%. Il deficit è stato portato dall'esecutivo al 2,5% dal 2,3 delle precedenti previsioni. Ma anche questa revisione potrebbe risultare troppo ottimista e il 2014 potremmo trovarci a ridosso del 3%. La spesa viene tagliata con il bisturi. Sicuramente un po' ci rimetteranno gli statali (categoria generalmente graziata dalle finanziarie), anche se la stretta contenuta nelle bozze in entrata al Consiglio dei ministri, ieri cambiava di ora in ora.

Molto combattuto il capitolo pensioni. Il blocco delle rivalutazioni ieri era ancora in forse. Pesa il rischio di ricorsi alla Corte costituzionale. Poi, segnalavano ieri esponenti del Pdl, il fatto che i risparmi vadano a coprire i costi per salvaguardare gli esodati è un precedente pericoloso. Si mettono in contrasto diritti e aspettative, entrambe legittime. Mentre il contributo di solidarietà è stato confermato al 3% per redditi superiori ai 300mila euro.
Oltre ai grandi capitoli non mancano quelle meno clamorose, ma fastidiose. In controtendenza con altri provvedimenti del governo (vedi la restituzione dei debiti della Pa), si appesantisce la restituzione (o compensazione) dei crediti fiscali delle aziende. Dovranno passare per un «visto di conformità», che sa tanto di complicazione burocratica per scoraggiare i creditori.

Tanto che darà circa 500 milioni di euro. Altra mini misura odiosa? Un bollo sulle comunicazioni telematiche agli uffici pubblici: 16 euro per ogni click. Una imposta forfettaria, che di certo non serve alla modernizzazione del Paese. Semmai al contrario.

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