Cutro? Che esempio di giustizia ingiusta

L'indagine sui fatti di Cutro, conclusasi qualche giorno fa con il rinvio a giudizio di sei servitori dello Stato, due della Guardia costiera e quattro della Guardia di Finanza, chiamati a rispondere delle accuse di naufragio e di omicidio colposo, non è un attacco contro il governo. È qualcosa di peggio: è un attacco ingiusto e insopportabile nei confronti dello Stato

Cutro? Che esempio di giustizia ingiusta
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Caro Vittorio,

con il caso Cutro ora la misura è colma. Questo ennesimo indizio è la prova inconfutabile che la magistratura italiana, quantunque ovviamente debba essere appunto giusta e non giustizialista, abbia scelto di assumere il ruolo di vera opposizione al governo Meloni, visto che quella politica è

talmente latitante o presa da bazzecole quali la declinazione dei nomi al femminile o impegnata a salvare delinquenti come la Salis. È davvero disarmante accettare questo stato di fatto e vorrei condividere il mio sfogo e la mia frustrazione con la penna più schietta e autorevole, sempre senza peli né sulla lingua né sullo stomaco. Grato e onorato come sempre.

Domenico Sarno

Cava dei Tirreni(Salerno)

Caro Domenico,

vero è che abbiamo una opposizione inconsistente, pronta sempre a criticare tutto e incapace di offrire soluzioni e idee alternative, inutilmente polemica, anacronistica, avvitata su questioni di cui ai cittadini non interessa un bel nulla, intenta a sposare battaglie grottesche, come appunto quella delle declinazioni al femminile di qualsiasi sostantivo, distorcendo la lingua italiana, messa sotto torchio e sotto processo per sessismo. Non tutta la magistratura, ma una fetta di questa adopera i propri poteri per controllare, limitare, ostacolare l'attività di quella parte politica che avversa per puro ideologismo e per pregiudizio, un pregiudizio che coloro che hanno studiato il diritto non dovrebbero coltivare, poiché il preconcetto è quanto di più incompatibile con la giustizia e con il vero possa esistere. Ad ogni modo gli arresti eclatanti alla vigilia degli appuntamenti elettorali, cose che abbiamo visto e vediamo accadere troppo di frequente, le indagini che si rivelano buchi nell'acqua, i processi che diventano bolle di sapone ma pure in grado di distruggere l'esistenza di individui perbene, di sabotare la carriera di gente onesta che fa politica per passione nonché di minare la credibilità e la reputazione di personaggi politici e di partiti che hanno conquistato la fiducia degli elettori, sono comunque ferite inferte alla democrazia. Non si tratta di atti senza conseguenze. L'indagine sui fatti di Cutro, conclusasi qualche giorno fa con il rinvio a giudizio di sei servitori dello Stato, due della Guardia costiera e quattro della Guardia di Finanza, chiamati a rispondere delle accuse di naufragio e di omicidio colposo, non è un attacco contro il governo. È qualcosa di peggio: è un attacco ingiusto e insopportabile nei confronti dello Stato. Un ordinamento non che vigila sull'operato delle forze dell'ordine, cosa che è pure necessaria in uno Stato di diritto, bensì che divora se stesso. Sei servitori dello Stato sono incriminati per omicidio, ossia sono considerati dall'accusa alla stregua di assassini, sebbene stiamo parlando di individui che si sono messi al servizio dello Stato e dei cittadini, rischiando la propria vita per la sicurezza e la vita del prossimo. Questa è una infamia insopportabile, a cui si aggiunge il peso delle spese legali che queste persone, che non navigano nell'oro dato che prendono stipendi ridotti all'osso per svolgere lavori impegnativi e rischiosi, dovranno sostenere. Insomma, cornuti e mazziati, come si usa dire.

Ricapitolando, i trafficanti di esseri umani organizzano il viaggio della morte dalla Turchia (Paese non in guerra dove chiunque scappasse dalla guerra avrebbe potuto fermarsi e trovare asilo), incassando quasi due milioni di dollari, caricano centinaia di persone, tra cui parecchi bambini, su una barca a vela vecchia, peraltro in pieno inverno, uno degli scafisti, dopo cinque giorni di navigazione, intravede sulla spiaggia di Cutro i lampeggianti

della polizia, si spaventa, per evitare di finire in manette compie una manovra azzardata e fa finire in mare le anime a bordo dell'imbarcazione, imbarcazione da cui non è mai partita alcuna richiesta di soccorso, specifichiamolo.

Crepano quasi 100 esseri umani, tra cui 35 bambini, e la colpa di questa tragedia di chi è? Non dei trafficanti che si godono l'incasso in Turchia, non di coloro che hanno pagato 9mila dollari a biglietto per introdursi illegalmente in Italia ponendo a rischio la vita propria e magari anche quella dei propri figli minori, non degli scafisti, pure condannati a 20 anni di galera in quanto rei oltre ogni ragionevole dubbio di avere prodotto la strage con quella manovra del timoniere, ma di questi sei poveri cristi che hanno seguito, rispettato e applicato tutte le procedure previste per mettere in salvo quelle persone che in un attimo sono cadute in acqua con il mare forza 4, ossia talmente tempestoso da rendere quasi impossibili i salvataggi. Eppure parecchia gente questi sei imputati l'hanno miracolosamente salvata.

Nonostante tutto li deferiamo alla giustizia. Che giustizia ingiusta!

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