Decadenza, il Pd vuole lo scontro: "La legge Severino va applicata"

Maggioranza in bilico. Pur di far fuori Berlusconi, il Pd è pronto a calpestare la pacificazione votando a favore della decadenza da senatore: "La legge Severino non va interpretata, va applicata". Ma Casini: "Il Senato attenda la definizione dell’interdizione"

Decadenza, il Pd vuole lo scontro: "La legge Severino va applicata"

Pur di far fuori Silvio Berlusconi dal parlamento, il Pd è pronto ad andare fino in fondo. Non riuscendo a sconfiggerlo nelle urle, eccoli disposti a calpestare la pacificazione e le larghe intese votando a favore della decadenza da senatore. Spetta a Danilo Leva, responsabile Giustizia di via del Nazareno, respingere l'ultimatum lanciato ieri dal vice premier Angelino Alfano e a tirare dritto. "Sulla legge Severino non vi è nulla da interpretare - spiega l'esponente piddino - è stata interpretata dalla giurisprudenza visto che è stata applicata già in 37 casi. La legge Severino non produce effetti di natura penale, quindi c'è poco da riflettere ma solo smettere di cercare scappatoie inesistenti". Lapidario, proprio come una dichiarazione di guerra.

La recente sentenza della Corte d’Appello di Milano sull'interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici dovrebbe imporre una riflessione sul percorso parlamentare della decadenza in base alla legge Severino. Tanto che il presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani si augura che "tutti si rendano finalmente conto degli evidenti problemi di costituzionalità, emersi in maniera ancora più lampante dopo i due anni di interdizione inflitti dai giudici a fronte dei sei previsti dalle norme sottoposte alla riflessione del Senato". Eppure il Pd sembra non voler sentir ragioni. D'altra parte, come ricorda il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta, il giorno stesso della condanna in Cassazione il segretario piddì Guglielmo Epifani abbia detto, senza se e senza ma, che i democratici avrebbero votato per la decadenza del leader del maggior partner del governo. Per Brunetta, infatti, l'instabilità politica è generata proprio dalla "volontà del Partito democratico di far fuori Berlusconi per via giudiziaria". Un'instabilità che, a lungo andare, rischia di far cadere il governo Letta. Più il Pd tira la corda, più la tenuta della maggioranza è messa a repentaglio. Anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha invitato il Senato ad attendere la definizione dell’interdizione di Berlusconi da parte del tribunale. "Non c'è alcun bisogno di interpretare la legge Severino", ha spiegato il numero uno centrista a Porta a Porta sottolineando, in ogni caso, che il voto in Aula dovrà "essere segreto perché così prescrive il regolamento" di Palazzo Madama.

"Ma ha per caso letto la legge delega e il decreto Severino?", ha chiesto incredulo Francesco Nitto Palma. Il presidente della commissione Giustizia del Senato ha quindi fatto notare che la retroattività è in netto contrasto con uno stato di diritto. La durata della incandidabilità è stata, infatti, fissata dall'esecutivo senza alcun criterio di delega. "Nonostante fosse stato previsto nella delega il coordinamento con le disposizione sulla interdizione - ha continuato - il governo non ha adempiuto al compito, tale non essendo la commisurazione della incandidabilità sul doppio della interdizione". Insomma una disposizione irragionevole dal momento che fissa il tetto minimo della incandidabilità anche nei casi in cui l’interdizione è stata comminata per uno o due anni. Con evidente disparità di trattamento.

Ragioni, queste, che ben avrebbero consigliato e tuttora consigliano di investire la Corte Costituzionale e la Corte di Lussemburgo. "Sempre che l’obiettivo sia quello di applicare correttamente una legge di sicura sintonia costituzionale e non quello di abbattere il nemico di sempre...", ha concluso l'ex Guardasigilli.

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