Definì Meloni "neonazista". Ora la premier ritira la querela contro Canfora

Il filologo era accusato di diffamazione aggravata per avere definito la premier “neonazista nell’animo”. Il processo si sarebbe dovuto tenere il prossimo 7 ottobre

Definì Meloni "neonazista". Ora la premier ritira la querela contro Canfora
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Dopo gli insulti fuori misura del professore rosso e la querela per diffamazione, ora arriva il passo indietro. Il presidente del consiglio Giorgia Meloni, secondo quanto riporta La Repubblica, ha deciso di ritirare la querela nei confronti del filologo e professore emerito dell’Università di Bari Luciano Canfora. L’intellettuale di sinistra era accusato di diffamazione aggravata per avere definito la leader di FdI non solo una “neonazista nell’animo”, ma anche “una poveretta” e, come se non bastasse, “trattata come una mentecatta pericolosissima”.

Ma facciamo un passo indietro. L’affaire Canfora-Meloni inizia l’11 aprile del 2022 quando, nel corso di un incontro conflitto russo-ucraino al liceo scientifico Enrico Fermi di Bari, il filologo rosso aveva deciso di apostrofare Meloni a suon di insulti. “Siccome è una neonazista nell’animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini, è diventata una statista molto importante ed è tutta contenta, naturalmente, di questo ruolo”, spiegava il professor Canfora agli studenti. Dichiarazioni forti sulle quali Meloni non ha potuto chiudere un occhio: “Sono parole innaccettabili – aveva commentato il premier - pronunciate da una persona che si dovrebbe occupare di cultura e formazione e che invece finisce a fare becera propaganda a giovani studenti”

Da qui la decisione del primo ministro di querelare lo storico di sinistra. La richiesta avanzata dalla presidente del Consiglio era stato un risarcimento di 20mila euro per il “rilevante danno morale ingiustamente subito”. Nel mentre, lo scorso aprile Canfora era stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Bari. Il giudice Antonietta Guerra aveva accolto la richiesta della procura e disposto il rinvio a giudizio per diffamazione del filologo nei confronti di Giorgia Meloni, "rilevato che è necessaria una integrazione probatoria approfondita, incompatibile con l'udienza predibattimentale".

Tra l’altro, giova ricordarlo, la querelle giudiziaria di Canfora si era trasformata in un caso politico tout court. Da una parte la maggioranza di governo - schierata a difesa del premier italiano – mentre dall’altra la sinistra, intenta a difendere il “diritto” all’insulto del professore.

La solidarietà era arrivata associazioni politico-culturali tra cui l’Anpi, l’Arci e la Cgil, ma anche da organizzazioni studentesche locali che appartengono alla rete della gauche nostrana. Lo stesso professore, in una lunga intervista a La Stampa, aveva ribadito il concetto rilanciando che “sarebbe contentissimo” di essere definito “stalinista nell’anima”.

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