Dei piccoli vandali risponda la famiglia

Certo potremmo prenderli per le orecchie e costringerli a cancellare manualmente le loro farneticanti opere d'arte, magari usando la gomma dell'astuccio, per rendere l'esercizio più faticoso, dunque più educativo. Oppure adottare la cura choc: sei mesi a raccattare pomodori nelle piantagioni dell'estremo Sud, lontani dalla mamma, così imparano come si sta al mondo.
Potremmo cioè considerarli grandi, come pretendono, risolvendo il problema del vandalismo coi brufoli nella maniera più diretta e sbrigativa: chi sbaglia paga, a qualunque età, e i cocci sono suoi. Ma mi sembra troppo facile. Troppo comodo. Per quanto la società sia cambiata (volutamente non dico evoluta), per quanto i nostri ragazzi crescano più in fretta (volutamente non dico meglio), mi ostino a considerare un essere umano di tredici anni un bambino. Vedo anch'io che certi atteggiamenti, certi stili di vita, certe bullerie insolenti hanno molto poco di infantile. Eppure è proprio davanti a questo spettacolo che mi chiedo: davvero possiamo considerare simili imbecilli in fasce responsabili dei loro atti? Guardo le imprese che ciclicamente firmano - scuole allagate, telefonini rubati, opere d'arte sfregiate - e amaramente concludo: è fuori di dubbio, non sono capaci d'intendere di volere.
E allora c'è poco da inventarsi: chiamarli a rispondere delle loro intemperanze come dei Vallanzasca mignon non ha molto senso. Certo se un bimbo prodigio della malavita va già in giro a sparacchiare sui cristiani, in qualche modo deve essere coinvolto, magari con un processo coatto di rieducazione da qualche parte. Ma nel settore del vandalismo allo stato brado, diciamo delimitato dalla pura idiozia incosciente, qualcuno al di sopra di loro deve risponderne. I genitori, quando ci sono, non devono starne fuori. Perché idealmente sono i conducenti di quelle piccole macchine da guerra che fanno danni in giro. Noi padri e noi madri non possiamo metterci la medaglia quando i figli sono bravi, e lavarcene invece le mani, facendo finta di non conoscerli, quando danno di testa. Quel risultato deprimente, una scuola allagata o un'opera d'arte verniciata, è anche un risultato nostro. I ragazzini assorbono come spugne il clima, gli esempi, i valori che respirano in casa. Non ci piove. Quando escono dalla porta, le spugne rilasciano quanto hanno assorbito. Se non trovano di meglio che riunirsi in branco per devastare il patrimonio pubblico, i casi sono due: o hanno assorbito veleno, o non hanno assorbito proprio nulla. Chi li ha fatti, chi li ha fatti così, deve renderne conto, doverosamente.
Troppo comodo, mi dicono, per i nostri pupi: loro sfasciano in totale libertà, tanto poi paga papà. Calma, non è questo che intendo. Non funziona così.

In una società normale, in una casa normale, il papà e la mamma rispondono dei tredicenni, ma poi nell'intimità del nido domestico si fanno i conti, in modo fermo e deciso, senza risparmio di tempo e di fatica. Riconosco solo un problema: non sono sicuro che in questa fase storica si possa parlare di case normali, in una società normale.

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