Alfredo Cospito, il disertore "salvato" dalla Consulta

Nutrito curriculum alle spalle, dal "no" al servizio militare agli attentati sui treni. Sulle sue orme pure la sorella Claudia

Nicola Gai e Alfredo Cospito
Nicola Gai e Alfredo Cospito

«Ai gridi ed ai lamenti/di noi plebe tradita/la lega dei potenti/si scosse impaurita». Parole e musica dell'inno dei malfattori, colonna sonora della galassia dell'anarco-insurrezionalismo italiano. E modello di vita di un 45enne disoccupato che ha iniziato a scappare dallo Stato fin dagli anni del servizio militare.
A differenza di Nicola Gai, anonimo impiegato di una ditta torinese incappato nell'inchiesta perugina sugli attentati ai treni, Alfredo Cospito è una vecchia conoscenza di Ros e Digos. Uno cresciuto negli ambienti dell'eversione pescarese e che ha fatto carriera stringendo contatti con le cellule impazzite della Fai. Di lui si è occupata addirittura la Corte Costituzionale per una intricata storia di appelli e ricorsi relativi a una vecchia condanna per diserzione. Si salva per il rotto della cuffia, Cospito, perché il procuratore militare che vuole mandarlo sotto processo per diserzione aggravata viene sconfessato dalla sentenza della Corte (a scrivere la sentenza è il futuro presidente, Antonio Baldassarre). Poco più che ventenne non si era ripresentato in caserma, dopo aver beneficiato di una licenza per convalescenza. È il 1986. Al giudice che lo interroga la prima volta, dice di essere un anarchico. E rifiuta l'avvocato difensore. Viene condannato a un anno e nove mesi di carcere, ma arriva la grazia dall'allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga su richiesta del padre. Obiettore totale, uno dei primi in Italia.
Dal 1991 al 1993 finisce due volte nei guai con la giustizia per gli scontri con le forze dell'ordine intervenuti a sgomberare edifici occupati abusivamente a Bologna, a Pescara e sul lago Maggiore. Da Pescara si sposta a Torino, dove conosce la donna che sposerà. Insieme a lei gestisce un negozio di tatuaggi, ma il suo interesse è sempre quello. Sul web, prende la difesa delle frange estreme e, in occasione della sfilata degli indignati il 15 ottobre 2011, su un sito anarchico se la prende con le mammolette che «non sono capaci di organizzarsi come noi, che non eravamo neanche così tanti». Gli incidenti, in strada, lo dimostrano. Rivendica, da buon anarchico, che «non stiamo agli ordini di nessuno» e che quando s'incontra una banca o un'agenzia interinale bisogna picchiare duro. La lotta non fa paura. Si schiera al fianco di Paolo Dorigo, condannato per l'attentato rivendicato dalle Br alla base americana di Aviano. Denuncia che c'è un piano per assassinarlo inscenando un finto incidente stradale, dice che lo Stato torturatore gli ha piantato un microchip in testa.
A Perugia, dov'è coinvolto anche Gai, finisce sotto processo per gli attacchi ai treni sulla tratta Orte-Ancona. Un attentato che gli anarco-insurrezionalisti avrebbero dovuto portare a termine studiando dal manualetto «Ad ognuno il suo: 1000 modi per sabotare il mondo». È in quest'occasione che gli inquirenti che lo mandano sotto processo, insieme ad altri sette fiancheggiatori, scoprono i collegamenti con il nucleo Olga del Fai/Fri e i contatti con i terroristi greci. L'eversione è nel dna di famiglia. La sua compagna è indagata per l'agguato ad Adinolfi, ma è la sorella Claudia quella che ne segue le orme. Nel 2005, la Procura di Pescara scopre una rete di eversori raggruppati sotto la sigla «Croce nera anarchica», ritenuta responsabile di una serie di attentati con pacchi bomba a Bologna, Genova, Milano e Ponzano Veneto. Nella campagna terroristica della «Croce nera anarchica», l'unica vittima è un maresciallo della caserma dei carabinieri di Viterbo che perde due dita della mano nell'esplosione. Claudia Cospito è tra gli arrestati.

Insieme a lei, viene fermato anche il convivente, Stefano Del Moro, fratello di Simone, a sua volta arrestato nel luglio 2004 per l'attentato al tribunale di Viterbo (trovato in possesso del foglio anarchico Kno3). Sembrava la quadratura del cerchio. Ma saranno tutti assolti.

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