Il governo non porrà la questione di fiducia al decreto Pubblica amministrazione. Sebbene il Consiglio dei ministri avesse autorizzato la richiesta, l'accordo stretto coi grillini con l’introduzione di undici emendamenti a firma del Movimento 5 Stelle ha infatti spinto l'esecutivo a tornare sui propri passi.
Il decreto sulla pubblica amministrazione arranca in Aula nonostante la tagliola dei tempi, visto che scade il 30 ottobre. Il governo, come ha spiegato il ministro alla Pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia, voleva evitare fino a stamattina l’uso della fiducia perché usato impropriamente per tagliare i tempi. Il voto sugli emendamenti però è stato rallentato dall’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle, che chiedevano l’approvazione di alcuni emendamenti. A dividersi però è stata anche la maggioranza, dopo le parole del capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta, che durante la conferenza dei capigruppo ha fatto sapere che, per quanto riguarda il Pdl, "il decreto può decadere". "A questo punto il quadro è cambiato", avrebbe replicato il ministro per i Rapporti col parlamento Dario Franceschini lasciando intendere che c’è un problema politico dentro la maggioranza. L'ipotesi di mettere la fiducia al decreto avrebbe di fatto trasformato il voto in una "conta" dentro la maggioranza.
A far tornare l'esecutivo sui propri passi è stato l'accordo sottoscritto con il Movimento 5 Stelle. L'esecutivo ha infatti acconsentito a introdurre nel decreto undici emendamenti a firma dei deputati pentastellati. Da qui la decisione di non mettere la fiducia sul provvedimento.
Dal canto loro i Cinque Stelle hanno promesso all’esecutivo il ritiro degli emendamenti in Aula. "Il decreto è l’esatto contrario della mia riforma e per questo non posso dare un giudizio positivo, visto che svilisce la mia", ha tuonato Brunetta a margine del vertice di maggioranza alla Camera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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