Prima la doppia morale, adesso il doppio rating

Con Berlusconi premier, Casini e Bersani plaudivano ai giudizi negativi sull’Italia. E ora attaccano le agenzie

Prima la doppia morale, adesso il doppio rating

E adesso, tutti addosso a Moody’s. Compresa la Consob, che ha convocato i rappresentanti italiani dell’agenzia di rating per avere delucidazioni sul declassamento di 26 banche italiane. Agguato!, criminali!, si sente gridare da ogni parte. Anche da chi qualche mese fa, quando al governo c’era Silvio Berlusconi e non Mario Monti, prendeva per oro colato le «pagelle» delle agenzie internazionali di rating, portandole come prove a carico dell’allora grande imputato della politica italiana. Il portabandiera della doppia morale è Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc (Unione delle Contraddizioni?). Leggete infatti cosa scriveva il 20 settembre scorso, quando Standard and Poor’s declassò la valutazione del debito italiano da A+ ad A: «In questa caccia disperata al colpevole speriamo che non siano incolpate le agenzie di rating perché il problema non sono loro. Il problema siamo noi che non abbiamo saputo fare una manovra strutturale per la crescita. Il problema è la credibilità internazionale del governo». Oggi il governo italiano è internazionalmente credibile e la colpa diventa dell’arbitro. Sentite infatti l’incendiaria dichiarazione di ieri: «La decisione di Moody’s è di una gravità inaudita, c’è un disegno criminale delle agenzie di rating contro l’Italia e l’Europa. È un attentato all’economia di questo Paese e noi riteniamo che la perdita di credibilità delle agenzie di rating da oggi sia totale. Ecco perché è importante avanzare al più presto la proposta di un’agenzia di rating europea». Tra i pentiti avvistato anche Pier Luigi Bersani. Il 5 ottobre scorso, dopo un’altra mazzata targata Moody’s, il segretario Pd constatava: «A questo punto le favole non bastano più. L’Italia sta certamente meglio di quanto non dica il giudizio di Moody’s, ma siamo davanti a rischi di scivolamento ulteriore se non introduciamo un elemento di novità o di cambiamento». Una valutazione finanziaria trasformata in ingiunzione di sfratto per Berlusconi. Ora toni ben diversi: «Bisogna regolare queste benedette agenzie - dichiara Bersani a Porta a Porta - che si permettono di intervenire in un modo che farebbe sorridere, se non facesse piangere».

Naturalmente anche i banchieri non la prendono bene. «Un’aggressione all’Italia, alle sue imprese, alle sue famiglie, ai suoi cittadini», grida l’Abi, che parla delle agenzie di rating come «elemento di destabilizzazione dei mercati con giudizi parziali e contradditori». Disperato l’appello del presidente Giuseppe Mussari: «Chiediamo con forza che la Bce e le istituzioni europee non tengano conto di questi giudizi altrimenti diventa un corto circuito dal quale non usciamo». Più morbido il presidente Bnl, Luigi Abete, che parla di «atteggiamenti delle agenzie di rating un po’ volubili. Alcune volte il Paese e le imprese dei Paesi vengono attaccati perché non c’è troppo rigore, oggi perché la riforma applica il rigore».

In questo stracciamento di vesti generale, gli esponenti del Pdl non hanno problemi di coerenza: «Quella delle agenzie di rating che hanno declassato le banche italiane è l’ennesima dichiarazione di guerra non provocata e non giustificata», constata Margherita Boniver, presidente del Comitato Schengen. «È proprio il caso di dire che l’attacco di Moody’s è la goccia che fa traboccare il vaso», annota Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl.

E se anche il segretario dell’Ugl Giovanni Centrella parla di «segnale destabilizzante per il sistema bancario italiano, da parte di un soggetto portatore di interessi estranei a quelli europei», l’unico a giocare al tanto peggio tanto meglio resta Felice Belisario dell’Idv: «Le agenzie di rating non sono certo la Bibbia, perché il loro giudizio può essere frutto anche di interessi speculativi, ma il declassamento del Paese reale è sotto gli occhi di tutti ed è inutile negarlo».

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