Passeggiare davanti alla stazione Centrale di Milano per avere un'idea plastica del concetto di "accoglienza diffusa", quinto punto del documento "Le proposte del Pd sull'immigrazione" presentato lo scorso settembre dalla segretaria dem Elly Schlein. Bivacchi ovunque di stranieri, molti dei quali, dietro richiesta degli agenti che presidiano la zona, non sono in grado di fornire documenti in regola. E poi zuffe continue, microcriminalità, furti, scippi e violenze di ogni genere. Anche sessuali. Un degrado che dalla piazza antistante alla stazione si dirama in tutte le vie attorno. Eppure, nonostante il "modello Milano" tanto sbandierato dal sindaco Beppe Sala sia un flop conclamato e l'immigrazione resti ancora un'emergenza irrisolvibile con ricette buoniste votate all'accoglienza indiscriminata, il Partito democratico boicotta ogni forma di gestione dei flussi. Da ultimo anche l'intesa siglata tra Giorgia Meloni e il premier Edi Rama per aprire due hotspot in Albania.
"Le nostre proposte vanno in un’altra direzione", si legge nel documento del Pd. "Quella di chi pensa che si debbano coniugare il rispetto dei diritti umani, la necessità di controllo e governo dei flussi migratori, la cultura della legalità". La ricetta, manco a scriverlo, è tutta fuffa: chi entra in Italia entra in Europa, serve una nuova Mare Nostrum europea, rafforzare la cooperazione internazionale, contrastare il traffico di esseri umani, promuovere l'accoglienza diffusa nei Comuni, riscrivere la Bossi-Fini e, dulcis in fundo, prestare più attenzione ai più fragili. Ma, mentre Schlein e compagni perdevano tempo a scrivere il libro dei sogni, la Meloni si rimboccava le maniche e dava risposte concrete a un'emergenza che quest'anno è tornata a segnare numeri record come non se ne vedevano dai tempi di Angelino Alfano al Viminale.
Il primo passo è stato il memorandum sottoscritto dall'Unione europea con la Tunisia, un'intesa frutto anche del rapporto tra la Meloni e la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen che, a differenza dell'accorto voluto nel 2015 da Angela Merkel per trattenere in Turchia i profughi in fuga dalla Siria, non si limita a bloccare le partenze ma punta anche allo sviluppo economico della Tunisia. Per la Schlein, però, è "l'ennesimo tentativo di esternalizzare il controllo delle frontiere senza tenere conto il rispetto della democrazia e dei diritti umani". Il ché ci dice, ancora una volta, che, al netto delle chiacchiere sui diritti umani, per la sinistra la sola soluzione all'immigrazione clandestina è cancellare la clandestinità aprendo a tutti. "Fermare i flussi - aveva spiegato chiaramente la segretaria dem a suo tempo - è un approccio sbagliato".
Il secondo passo per fermare gli sbarchi è arrivato lo scorso settembre. Un piano in dieci punti che ha, al suo centro, la creazione di nuovi centri per il rimpatrio in tutto il Paese e il trattenimento degli immigrati fino a 18 mesi. Dalle opposizioni erano fioccate accuse di ogni genere: da "luoghi di detenzione" a "lager". La stessa narrazione che oggi sfoggiano per criticare l'accordo sottoscritto lunedì scorso con il premier Rama. "Si crea una sorta di Guantanamo italiana", urlano criticando la creazione di due hotspot in Albania per gestire gli immigrati salvati in mare. Per la Schlein l'intesa viola apertamente il diritto internazionale. Peccato che anche in Germania il cancelliere socialista Olaf Scholz stia pensando di avviare procedure di asilo anche in Paesi terzi. Il punto è che per gli ultrà dell'accoglienza gialloverdi l'immigrazione non va contrastata, non va nemmeno gestita. Farlo, dicono, è "incompatibile con la nostra Costituzione".
La parola d'ordine per i cantori di Mimmo Lucano, Aboubakar Soumahoro e Carola Rackete resta sempre la stessa: porti (e porte) aperti, sempre e comunque, e "accoglienza diffusa". Per poi lasciare i clandestini a bivaccare nelle nostre città.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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